Daimon. Revista Internacional de Filosofía, nº 92 (2024), pp. 201-205
ISSN: 1130-0507 (papel) y 1989-4651 (electrónico)
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LE BRETON, D. (2021). Antropologia del Corpo. Milano: Meltemi Editore, 326 pp.
Quando si parla di corpo umano si tende generalmente a cadere in due estremi, o meglio, in due tipi di riduzionismo: il monismo e il dualismo. Mentre il primo si concentra esclusivamente su questa componente della persona umana, cioè la persona umana non è altro che il suo corpo, abdicando o trascurando così l’altra sua componente, l’anima; il secondo, a sua volta, dissocia nella persona umana il suo corpo dalla sua anima, conferendo così, d’altra parte, un’esclusività a questa componente a scapito dell’altra, o, in altri casi, mandando in secondo piano la prima.
In questo senso, questo libro molto leggibile del rinomato antropologo e sociologo francese, David Le Breton, è piuttosto interessante, dal momento che ha studiato a lungo questo argomento, mentre cerca di analizzare, chiarire e opporsi a questi due tipi di riduzionismo, utilizzando, per questo, un dialogo interdisciplinare tra, soprattutto, filosofia, psicologia, antropologia, medicina, biologia, sociologia, politica e storia. In altre parole, secondo lui, la persona umana non deve divinizzare il suo corpo, che è tipico del monismo; tuttavia, non dovrebbe nemmeno sottometterlo, ignorarlo, o addirittura cercare di eliminarlo, che è caratteristico del dualismo. Quindi, d’altra parte, deve assumere un atteggiamento intermedio, che consiste, più precisamente, nel considerare il corpo come una componente che essenzialmente fa parte di ogni persona umana, indispensabile per la realizzazione di sé. In questo senso, poiché il corpo è una componente fondamentale per la persona umana, essa deve custodire e preservare il suo corpo, senza però entrare in una sorta di divinizzazione corporea.
Per raggiungere questo obiettivo, l’autore ha deciso di dividere questo libro in 10 capitoli: 1) “Il corpo sfuggente”; 2) “Alle origini di una rappresentazione moderna del corpo: l’uomo anatomizzato”; 3) “Alle origini di una rappresentazione moderna del corpo: il corpo macchina”; 4) “Medicina e medicine dette parallele: da una concezione del corpo a delle concezioni dell’uomo”; 5) “Un’estesia della vita quotidiana”; 6) “Cancellazione ritualizzata o integrazione del corpo”; 7) “L’invecchiamento intollerabile: il corpo sconfitto”; 8) “La tirannia dell’apparenza: il corpo alter ego”; 9) “I geroglifici della luce: dalla diagnostica per immagini all’immaginario del corpo”; 10) “La via del sospetto: il corpo soprannumerario della tecnoscienza”.
Così, nel primo capitolo, l’autore analizza l’importanza del corpo nella persona umana e il suo rapporto con le società e le culture. Nel secondo, Le Breton analizza come il corpo è stato concepito e interpretato nel corso della storia. In questo senso lo mette in relazione soprattutto con la religione, la medicina e l’anatomia. Un rapporto che prosegue nel terzo capitolo, dove ora lo mette in relazione con la filosofia e le sue varie correnti. In questo senso spicca la differenza che l’autore stabilisce tra il corpo e la macchina.
Successivamente, nel quarto, Le Breton mette in relazione il corpo con la sofferenza, il dolore, la malattia, le terapie, le cure mediche, la formazione intellettuale dei pazienti, il rapporto medico-paziente e le medicine alternative, analizzando contemporaneamente alcune questioni etiche, in particolare come il rapporto tra il medico e una persona malata dovrebbero esserlo.
Nel quinto, l’autore mette in relazione il corpo con sensibilità, o meglio, analizza gerarchicamente i cinque sensi esterni della persona umana: vista, udito, gusto, olfatto e tatto, e in che modo sono fondamentali per la persona umana. Penso però che la parte che si riferisce ai sensi del gusto e del tatto potrebbe essere più sviluppata, come è stato per le altre.
Successivamente, nel sesto capitolo, l’autore sottolinea l’importanza del corpo nel linguaggio non verbale e, quindi, nelle relazioni interpersonali. Parimenti, in questo capitolo, mette in relazione anche il corpo con il cibo e lo sport, sottolineando, in particolare, l’importanza del camminare, tema a cui ha già dedicato tre opere.
Nel settimo, Le Breton analizza l’invecchiamento e il suo rapporto con il corpo. In questo senso, si concentra su temi come la morte, la chirurgia estetica, la cura e l’assistenza agli anziani. Allo stesso modo, in questo capitolo, l’autore analizza e mette in relazione questi temi anche con il corpo di uomini e donne, associando, a sua volta, temi come la vitalità e la seduzione.
Mentre nell’ottavo capitolo l’autore mette in relazione il corpo con la moda, il marketing, il culto del corpo e il consumismo, affrontando questi temi anche da un punto di vista etico, nel nono l’autore evidenzia tuttavia, in modo più approfondito, come dovrebbe essere il rapporto medico-paziente, dal punto di vista sociologico, antropologico ed etico.
Infine, nell’ultimo capitolo, nel decimo, David Le Breton analizza, soprattutto da un punto di vista etico, temi contemporanei di importanza cruciale, che fanno riferimento al corpo, come la morte cerebrale, la donazione e il trapianto, l’acquisto e la vendita di organi (compresi dagli animali irrazionali), la fecondazione in vitro, la clonazione, l’aborto, l’eutanasia, l’intelligenza artificiale, la robotica e la transessualità.
In questo libro vorrei sottolineare i seguenti punti, che possono certamente rispondere a molte domande, che oggi si pongono, in relazione ad argomenti che riguardano il corpo umano. Quindi, in linea con quanto sopra accennato, il primo, forse il più importante, è dunque il fatto che l’autore mostra, attraverso uno studio interdisciplinare, che nell’approccio al corpo vanno evitati due estremi, poiché fino ai giorni nostri ha stato verificato, cioè nella divinizzazione o nel disprezzo del corpo. A tal fine è rilevante il lavoro dell’autore, che analizza, da un punto di vista storico-filosofico, come queste due prospettive siano state erroneamente adottate. In questo senso, in tutto il libro, l’autore condanna espressioni, come “Io sono il mio corpo”, considerando così il corpo come un alter ego, o, rispettivamente, come “Devo liberarmi del mio corpo”. Pertanto, si deve adottare, d’altra parte, l’idea che ogni essere umano “ha un corpo”, cioè che il corpo è parte dell’essenza dell’essere umano, indispensabile per la sua autorealizzazione, e quindi questa componente deve essere curata e preservata.
Tuttavia, questa divinizzazione o disprezzo del corpo ha ripercussioni, ad esempio, nell’estetismo, nel bodybuilding, nello sport eccessivo, ecc., oppure nel cambio di sesso, nell’eutanasia, nell’aborto, nella robotica, ecc., condizionando negativamente, in vario modo, l’autorealizzazione della persona umana, come ricorda l’autore.
Le conseguenze del monismo e del dualismo, oggi, in relazione al corpo, si verificano anche di un altro modo, secondo Le Breton. Ad esempio, quanto al monismo, ciò si verifica nel fatto che le persone cercano a tutti i costi di evitare l’invecchiamento e la morte, non cercando i mezzi per raggiungere questi fini, come si può vedere, in casi più estremi, nella clonazione. L’invecchiamento e la morte sono quindi i tuoi peggiori nemici. In questo senso, è pertinente saper rapportarsi con gli anziani, come sottolinea l’autore, per aiutarli ad affrontare la vecchiaia e la morte.
Un’altra conseguenza del monismo è il fatto che ogni persona con disabilità fisiche, in modi diversi, non solo finisce per essere etichettata e quindi ridicolizzata, ma anche esclusa dalla società. In effetti, come dimostra David Le Breton, c’è una differenza tra “avere” una disabilità o “essere” disabile. Pertanto, le persone non devono essere ridotte alla loro condizione corporea, tipica del monismo.
Quanto al secondo riduzionismo, il dualismo, questo diventa evidente nei rapporti medico-paziente, dove il primo, dissociando il corpo umano dalla persona, tratta il secondo come una macchina, ignorando così il paziente nel processo di guarigione. A causa di questa dissociazione, non si instaura un rapporto personale tra lo specialista e il suo paziente, ostacolando o addirittura impedendo, così, molte volte, il processo di guarigione. Infatti, come fa notare l’autore, oggigiorno si curano molte malattie, ma si guariscono pochi malati. Per questo, come sottolinea l’autore, è necessario che gli specialisti della salute non solo acquisiscano una migliore nozione della persona umana, costituita da corpo e anima, al fine di evitare un trattamento in cui il malato sia visto come una macchina da riparare, ma anche che creino un buon rapporto con il proprio paziente, coinvolgendolo attivamente nel processo di guarigione.
A causa di questo dualismo, dove il medico dissocia la persona dal suo corpo, non rendendo così il paziente partecipe del suo processo di guarigione, né instaurando con lui un rapporto umano, il paziente, molte volte, per sopperire a questa carenza, ricorre alle cure alternative, dove il contatto con lo “specialista” e il paziente è più profondo e umano. Qui, come mostra Le Breton, le relazioni tendono a essere più umane, qualcosa che il paziente sempre cerca.
Tuttavia, con relazione al dualismo, invece, l’autore sottolinea la mancanza di esercizio fisico, tipico delle società odierne, fondamentale per garantire il nostro benessere, in ogni modo, come il camminare, il nuotare, l’andare in bicicletta, dando più importanza al primo, perché qui la persona umana può usare tutti i suoi 5 sensi. Tuttavia, non si dovrebbe cadere nel all’altro estremo, cioè esagerare nel fare dell’esercizio fisico.
La mancanza di esercizio fisico, secondo l’autore, diventa evidente attraverso l’uso eccessivo di nuovi mezzi tecnologici, impedendoci così di utilizzare il nostro corpo nell’esecuzione di determinati compiti, come si può vedere, ad esempio, nell’uso eccessivo dei mezzi di trasporto, per effettuare qualsiasi viaggio, anche per brevi distanze. Esiste infatti una buona stanchezza, legata allo sforzo fisico, che fa bene alla persona, contrapposta alla brutta stanchezza, causata da forte stress, cosa che le nuove tecnologie possono favorire.
Tuttavia, come conseguenza di questo dualismo, c’è il fatto che dopo la morte la persona è dissociata dal suo corpo. Cioè, dopo la morte, adottando il dualismo, si pensa che il corpo non faccia più parte della persona, che sono due realtà a loro estranee, avvicinandosi così alle questioni etiche in questo senso. E qui sta un altro merito dell’autore, cioè di aver analizzato e messo in relazione, soprattutto da un punto di vista etico, temi contemporanei di importanza cruciale, come la morte cerebrale, la donazione e il trapianto, l’acquisto e la vendita di organi (anche irrazionali animali), fecondazione in vitro, clonazione, aborto, eutanasia, intelligenza artificiale, robotica e transessualità. Penso che queste analisi che l’autore stabilisce possano rispondere a molte domande che sorgono intorno a loro.
Un altro punto interessante che emerge in questo libro è che il corpo, in particolare il volto, consiste in un fattore di individuazione, attraverso il quale possiamo comunicare e relazionarci con gli altri, soprattutto nelle società di tipo comunitario, dove la persona è subordinata al cosmo o al gruppo. Come giustamente sottolinea Le Breton, una ferita profonda, ad esempio, in un braccio o in una gamba non condiziona l’identità di una persona. D’altra parte, se questo viene eseguito in faccia, può compromettere la sua identità. In questo senso, poiché il corpo è un mezzo di individualizzazione della persona umana, lei non si deve diluire nella comunità, cosa che spesso accade, dove le persone devono sempre, incondizionatamente, sottomettersi ai dettami delle società, buone o cattive che siano.
In un periodo in cui prevale una cattiva concezione del corpo, che sicuramente incide negativamente sulla nostra autorealizzazione, penso che questo libro di David Le Breton, che presenta una visione abbastanza realistica del corpo, demistifica questa cattiva concezione, non solo identificando le sue cause ma anche le sue conseguenze. Se teniamo a mente queste sue idee, penso che molti mali che aleggiano nella nostra società di oggi possono essere risolti e che, allo stesso modo, impediscono di prosperare come persone.