AREAS Revista Internacional de Ciencias Sociales, 45/2023 “La enseñanza y el aprendizaje de las ciencias sociales en tiempos de incertidumbre”, pp. 187-201. DOI: https://doi.org/10.6018/areas.529001.
Le percezioni degli insegnanti italiani di scuola secondaria sull’insegnamento della storia
Katia Valentina Famà
Universidad de Murcia
Raquel Sánchez-Ibáñez
Universidad de Murcia
Riassunto
Questo articolo presenta i risultati di una ricerca volta a scoprire come gli insegnanti italiani (Sicilia) percepiscono l’insegnamento della storia a livello secondario superiore. Lo studio è stato condotto sulla base di un questionario che è stato completato da 96 insegnanti in attività. La ricerca ha uno scopo diagnostico educativo e si basa su un approccio quantitativo. Sono state effettuate analisi descrittive (frequenze) e inferenziali (test non parametrici) per determinare se ci sono differenze tra i sessi. I risultati indicano ci sono differenze significative nel personale docente secondo il genere, con gli uomini che, in generale, mostrano una percezione dell’insegnamento della storia che è vicina ai modelli tradizionali (classe magistrale e libro di testo). Le principali difficoltà segnalate dagli insegnanti sono di natura metodologica, così come i sillabi eccessivi di contenuto e gli alti rapporti studenti/classe. Lo studio conclude che c’è bisogno di promuovere la formazione degli insegnanti in metodi e strategie attive per l’insegnamento della storia.
Parole chiavi: educazione, secondaria, storia, metodologia, insegnanti
Italian secondary school teachers’ perceptions on history teaching
Abstract
This article presents the results of a research aimed at finding out how Italian (Sicily) teachers perceive the teaching of history at the upper secondary level. The study was conducted on the basis of a questionnaire that was completed by 96 practising teachers. The research has an educational diagnostic purpose and is based on a quantitative approach. Descriptive (frequencies) and inferential (non-parametric tests) analyses were carried out to determine whether there are differences between the sexes. The results indicate there are significant differences in the teaching staff according to gender, with men generally showing a perception of history teaching that is close to traditional models (master class and textbook). The main difficulties reported by teachers are methodological in nature, as well as excessive content syllabi and high student/class ratios. The study concludes that there is a need to promote teacher training in active methods and strategies for teaching history.
Keywords: education, secondary, history, methodology, teachers
Fecha de recepción del original: 22 de junio de 2022; versión definitiva: 20 de enero de 2023.
Katia Valentina Famà, Universidad de Murcia; E-mail: kv.fama@um.es.
Raquel Sánchez-Ibáñez, Área de Conocimiento de Didáctica de las Ciencias Sociales, Facultad de Educación, Universidad de Murcia, Campus de Espinardo, 30100, Murcia; Tel.: +34 868884537; E-mail: raqueledu@um.es; ID ORCID: https://orcid.org/0000-0002-7628-1991.
Le percezioni degli insegnanti italiani di scuola secondaria sull’insegnamento della storia1
Katia Valentina Famà
Universidad de Murcia
Raquel Sánchez-Ibáñez
Universidad de Murcia
Introduzione
Negli ultimi 50 anni, l’ insegnamento della storia è stato interessato da un processo di cambiamento di prospettive, approcci e metodologie finalizzato a superare tutta una serie di criticità presenti nelle modalità tradizionali. Stradling (2003) afferma che la “new history” è stata teorizzata partendo dagli insoddisfacenti risultati che l’insegnamento della storia tradizionale produce negli studenti a causa della sua enfasi sulla trasmissività della conoscenza, la quasi esclusiva focalizzazione dei contenuti sulla storia politica e militare, con i suoi eventi e personaggi. Tutto ciò, mirato ad uno scopo specifico da identificarsi nel rafforzamento dell’identità nazionale e del patriottismo. A livello metodologico, il rinnovamento della didattica della storia, necessita un incontro con la nuova pedagogia costruttivista (Arias e Morales, 2021; Meneses e Galeano, 2020), che pone un’enfasi fortissima sulla centralità dello studente nel processo di insegnamento-apprendimento. Possiamo affermare che questo incontro si può benissimo osservare nel framwork teoretico della didattica della storia, definito Historical Thinking (Seixas, 2015; Seixas, 2017; Seixas e Morton, 2013). Una serie di autori hanno messo in evidenza questo legame tra historical thinking e metodologia costruttivista (Álvarez, ٢٠٢٠; Keleşzade et al., 2010; Sáiz, ٢٠١٤), che determina un vero piano rivoluzionario, in cui, si ripensa tutta la didattica della storia alla luce, sia delle più avanzate indicazioni della pedagogia, sia delle nuove linee di ricerca propriamente storiografiche; rendendo metodologia e contenuti essenzialmente integrati in una visione olistica. Come specialità storiografica, l’historical thinking trova una serie di interpretazioni, a seconda dei diversi contesti nazionali; tuttavia, la caratteristica più peculiare e generale può essere identificata in una affermazione di Seixas & Peck (2004), i quali arguiscono che i giovani devono avere delle immagine del passato nelle loro menti e, nei momenti in cui raramente, sporadicamente e in maniera incompleta si immergono nei loro pensieri, quelle immagini del passato devono dire loro qualcosa alla loro realtà presente e alle loro priezioni future. Questa affermazione di Seixas & Peck (2004), viene fatta dagli autori per rispondere ad una possibile e legittima critica, secondo la quale, sarebbe già un miracolo se gli studenti potessero avere un qualche bagaglio di conoscenza di fatti storici. In tal senso, smontando la pretesa dell’historical thinking di insegnare la storia facendo apprendere il mestiere dello storico e pensare storicamente di conseguenza.
Forse, in questa ormai lontana nel tempo diatriba tra storici, si racchiude tutta la questione che ancora oggi in Italia sembra irrisolta. Meglio avere studenti e studentesse con un certo bagaglio di fatti storici in mente, seppur esiguo ed essenziale, oppure avere studenti e studentesse con una piccola capacità di ragionare e guardare al passato come fanno gli storici di professione? Rispondere a questa domanda impone pragmatismo. Perché sarebbe facile rispondere che tutti vogliono studenti preparatissimi che dopo aver acquisito bene la literacy storica sono in grado di pensare storicamente. Quindi, probabilmente solo chi quotidianamente vive e lavora a contatto con i giovani, può permetterci di capire come rispondere a questa domanda in modo pragmatico, ovverosia, cosa appare davvero essenziale che i giovani sappiano del passato e come insegnare loro questa essenizalità. Il rischio, infatti, è di perdere tutto, di avere un minuto gruppo di ragazzi e ragazze che studiano la storia, bene perché sono dei bravi studenti, ma compresi questi studenti, non ottenere in realtà nulla di significativo, nulla che possa lasciare il segno nelle loro menti, in poche parole perdere la storia. Il problema della storia, dunque, più ancora che nell’accademia è un problema di didattica, un problema scolastico, in cui l’intreccio tra pedagogia e contenuto disciplinare deve fare i conti.
In questa logica, sembra essenziale pensare ad un modello di didattica in cui i contenuti disciplinari e quelli pedagogici si intrecciano. In realtà, andando a spulciare nella ricerca del passato, ci imbattiamo in Shulman (1986), che già teorizzava sulla necessità di un interconnessione tra pedagogia e contenuti disciplinari. Alcune persone possono credere che l’idea di testare la competenza di un insegnante come fusione tra padronanza dei contenuti e abilità pedagogica sia una nuova idea, un’innovazione generata nell’eccitazione di questa era di riforme educative, e incoraggiata da leader nazionali impegnati e motivati come Albert Shanker, Presidente dell’Associazione degli Insegnanti Americani, Bill Honig Sovrintendente di Stato per le scuole della California; e Bill Clinton, Governatore dell’Arkansas. Molte di di queste buone idee, tuttavia, hanno una origine molto più antica. E difatti, analizzando gli archivi storici di alcuni stati americani relativi agli esami di ammissione alla professione docente, già nel 1875, la capacità di teaching risultava essere molto valorata al fine di concedere la licenza di insegnamento. Negli anni in cui Shulman scrive il suo contributo (1986), questa antica relazione tra pedagogia e padronanza della disciplina nella valutazione della competenza dei neoinsegnanti è ancora più pronunciata, come appare ovvio.
Nella maggior parte degli stati (americani) la valutazione degli insegnanti enfatizza la valutazione della capacità d’insegnamento. Questa valutazione viene effettuata attraverso una concezione “research-based” della efficacia degli insegnanti. Arrivando a tempi più recenti, questo indispensabile approccio trova una sua compiuta realizzazione con il Technological Pedagogical Content Knowledge framework (Koehler et al., 2014; Vásconez & Inga, 2021), in cui, il modello analizzato da Shulman (1986) viene teorizzato facendo scaturire la conoscenza da insegnare e apprendere da un triade, in cui, la pedagogia e i contenuti disciplinari sono attraversati e supportati dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
In questo modello l’insegnante ha bisogno di padroneggiare queste tre componenti al fine orchestrarle e coordinarle per l’efficacia del loro insegnamento (Herring et al., 2013; Koh & Chai, 2014; Olofson et al., 2016). Alla luce di questa considerazione la sfida per la didattica della storia si concentra su un rinnovamento che non può che basarsi su quanto la ricerca educativa e la riflessione storiografica dell’historical thinking propongono. Una didattica della storia che inserendosi in un modello teoretico integrato da pedagogia innovativa e tecnologica, il cui obiettivo finale, si riferisce ad una vera competenza storica, che secondo il paradigma dell’historical thinking sarebbero i contenuti di secondo ordine. Essi si sotanziano in una olistica capacità di pensare in maniera storica come bene ci aveva già avvertito Shemilt (1980):
Se gli insegnanti accettano, primo, che la Storia dovrebbe contribuire alla comprensione da parte degli adolescenti della loro umanità, della cultura e della società; e, secondo, se essi ammettono la desiderabilità di insegnare per la conoscenza razionale e non per una credenza agglomerata (“tuttavia “vera” e tuttavia utile), poi la ultima e definitiva giustificazione per insegnare la Storia nella scuola secondaria riduce l’imperativo di indurre gli studenti in uno dei modi principali e più comunemente usati, ovvero quello di dare senso alla sperimentazione intrinseca della cultura occidentale. (p. 4)
Questa citazione ci dice molto di più della fredda elencazione dei contenuti di primo e secondo ordine dell’historical thinking. Tutto ruota attorno ad una competenza che si indirizza a sotenere, rafforzare un ‘identità o un senso di appartenenza, ma ad una consapevolezza culturale, la cui radice più significativa sta nella teorizzazione e concretizzazione di valori di umanità e democrazia, unica vera anima della cultura occidentale (Lee, 2005; Lee, Dickynson & Ashby, 2004; Lévesque, 2008; Seixas, 2015; Seixas & Morton, 2013).
2. Metodo
Questo studio si basa su un’indagine educativa diagnostica realizzata mediante un approccio quantitativo. Lo studio fa parte di una tesi di dottorato svolta nell’ambito del Programma di Dottorato in Educazione dell’Università di Murcia. L’obiettivo principale è analizzare le percezioni degli insegnanti di storia, circa il processo di insegnamento-apprendimento centrato al framework teoretico dell’historical thinking. A partire da questo obiettivo, si stabiliscono due ipotesi di ricerca. L’ipotesi nulla (H0) è che non esistono differenze statisticamente significative (p<.05) tra i docenti in funzione del sesso. L’ipotesi alternativa (H0) è che esistono differenze statisticamente significative (p>.05).
2.1. Partecipanti
Lo studio non è di tipo probabilistico poiché adotta un campione di convenienza ed è focalizzato sul corpo docente che insegna storia in scuole secondarie di diverse province del Nord, Centro e Sud d’Italia. In particolare sono professori in servizio che insegnano nelle seguenti le regioni italiane: Sicilia, Lazio, Lombardia, Umbria, Campania e Veneto. Il campione è composto da 96 docenti di Storia (60 donne e 36 uomini). Il 14% ha un’età compresa tra i 30 e i 40 anni. Il 52% ha un’età compresa tra i 41 e i 50 anni. Il 24% ha tra i 51 e i 60 anni. L’8% ha più di 61 anni. Il 2% non ha voluto rispondere.
2.2. Strumenti
Per la raccolta delle informazioni è stato disegnato e validato un questionario ad hoc sull’insegnamento della storia nella scuola secondaria. Il suo disegno è stato effettuato mediante l’applicazione Google Moduli. Lo strumento consta di un testo introduttivo nel quale si presenta il contesto dell’investigazione, la finalità della ricerca, gli autori, i contatti e la durata stimata per la compilazione. A continuazione, i 23 campi sono suddivisi in 4 blocchi. Blocco 1: informazioni di tipo socio-demografico; Blocco 2: percezione degli approcci didattici; Blocco 3: insegnamento della storia; Blocco 4: barriere nell’insegnamento della storia.
In questo studio vengono offerti risultati relativi al blocco 2 “Percezione degli approcci didattici”. Questo blocco è un adattamento del questionario “Approaches to Teaching Inventory (ATI)” pubblicato da Trigwell & Prosser (2020). In particolare, della versione tradotta all´spagnolo da Hernández et al., 2012 e adattato all’insegnamento della storia dai ricercatori del gruppo di Didattica delle Scienze Sociali (DICSO) dell’Università di Murcia (Gómez et al., 2020; Gómez et al., 2022; Guerrero et al., 2022; Miralles et al., 2019; Moreno et al., 2021; Sánchez et al., 2021). La formulazione degli item è stata adattata per fare riferimento all’insegnamento della storia, poiché essi si relazionano con l’obiettivo che vogliamo perseguire. L’analisi comparativa si va a realizzare in funzione del sesso dei partecipanti.
2.3. Procedimento
Il questionario è stato validato da sei esperti specializzati nella docenza delle scienze sociali (tre sono docenti universitari ed altri tre insegnano Storia nella scuola secondaria di primo e secondo grado). Per la validazione del questionario è stata elaborata una griglia con la quale è stato chiesto ai validatori di rispondere circa il livello di pertinenza e chiarezza di ciascun item. Le opzioni di risposte erano di tipo Likert a 5 valori. Alla griglia è stata aggiunto un ultimo campo aperto, affinché il validatore potesse esprimere suoi suggerimenti per il questionario. Questi suggerimenti sono serviti per migliorare la redazione di alcuni items. Non è stato eliminato nessuno degli items della scala della prima redazione, poiché la media di ogni item si è situata sopra al valore soglia di 4, stabilito come valore soglia per l’eliminazione.
In una seconda fase della ricerca è stato realizzato uno studio pilota per testare la consistenza del questionario. La somministrazione è stata fatta con un campione di 30 docenti che poi sono stati separati dagli altri partecipanti allo studio. Il test Alpha di Cronbach ha mostrato un valore inferiore alla accettabilità, pertanto, si è proceduto all’eliminazione di un item doppione che misurava il medesimo elemento del costrutto. In questo modo si è arrivati al miglioramento della consistenza interna fino al raggiungimento di un valore di .91, considerato come alto.
Nella terza fase dell’analisi dei risultati, i dati raccolti durante il corso 2020-2021 mediante Google Form sono stati esportati in un foglio di calcolo Excel e successivamente esportati nel software statistico SPSS nella sua versione 28. Mediante il software è stata realizzata in prima istanza la prova Kolmogorov-Smirnoff. Si tratta di un test per la bontà di adattamento, vale a dire, serve per verificare se i dati rilevati nel campione seguono una distribuzione normale. In sostanza, permette di misurare il grado di concordanza esistente tra la distribuzione di un insieme di dati e una specifica distribuzione teorica. Il suo obiettivo è segnalare se i dati che provengono da una popolazione si configura come aderente alla distribuzione specificata, ossia ciò che si fa è constatare se le osservazioni potrebbero razionalmente procedere nella direzione della distribuzione specificata. I risultati di questa prova hanno indicato una distribuzione non normale, pertanto, le analisi statistiche per la verifica delle ipotesi di ricerca sono state realizzate attraverso test non parametrici. Per la comparazione tra i partecipanti in funzione del sesso è stata impiegata la prova U di Mann-Whitney per due campioni indipendenti.
3. Risultati
L’analisi delle percentuali (Tabella 1) rivela che la maggiore percentuale di risposte sono situate nel valore 5, seguono poi il valore 4 e il valore 3. Questo indica che gli insegnanti intervistati vanno a trovarsi d’accordo in maniera evidente con la maggior parte delle dichiarazioni contenute nel questionario. Ovviamente, la direzione di questo accordo dipende dalle singole informazioni contenute nell’item. Vediamo, dunque, di analizzare le percentuali più rilevanti associandole al contenuto dell’item. L’item 8 (Gli insegnanti dovrebbero sollecitare le idee dei loro studenti ponendo domande, problemi e dibattiti che li portano a pensare e riflettere) a trovare la percentuale (86.8%) più alta di accordo massimo (5= Fortemente d’accordo).
Tabella 1. Percentuali associate al grado di accordo e disaccordo con gli items sulla metodologia di insegnamento della storia
Item |
Percentuali % |
||||
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
|
1 |
25 |
22.4 |
22 |
17 |
1 |
2 |
0 |
1.3 |
6.6 |
38.2 |
53.9 |
3 |
0 |
9.2 |
38.2 |
25 |
27.6 |
4 |
31.6 |
19.7 |
22.4 |
13.2 |
13.2 |
5 |
0 |
5.3 |
11.8 |
31.6 |
51.3 |
6 |
3.9 |
5.3 |
10.5 |
40.8 |
39.5 |
7 |
28.9 |
18.4 |
28.9 |
7.9 |
15.8 |
8 |
0 |
0 |
2.6 |
10.5 |
86.8 |
9 |
0 |
1.3 |
3.9 |
25 |
69.7 |
10 |
5.3 |
3.9 |
28.9 |
28.9 |
32.9 |
11 |
0 |
0 |
13.2 |
35.5 |
51.3 |
12 |
7.9 |
22.4 |
28.9 |
21.1 |
19.7 |
13 |
25 |
21.1 |
31.6 |
15.8 |
6.6 |
14 |
2.6 |
3.9 |
26.3 |
31.6 |
35.5 |
15 |
0 |
2.6 |
31.6 |
21.1 |
44.7 |
16 |
3.9 |
1.3 |
28.9 |
13.2 |
52.6 |
17 |
25 |
21.1 |
35.5 |
18.4 |
0 |
18 |
2 |
26 |
35 |
13 |
0 |
19 |
2.6 |
34.2 |
46.1 |
17.1 |
0 |
20 |
2.6 |
15.8 |
44.7 |
36.8 |
0 |
Fonte: risultati ottenuti con il programma SPSS v. 28. *1= in forte disaccordo; 2= in disaccordo; 3= né d’accordo né in disaccordo; 4= d’accordo; 5= fortemente d’accordo.
Possiamo, quindi argomentare, che gli insegnanti concordano cun un assunto fondamentale della didattica centrata sul discente: stimolare la partecipazione attiva; facilitare la costruzione di una conoscenza e non imporre una verità dall’alto senza la problematizzazione della stessa né tantomeno pretendere un adesione ad una verità del docente in obbedienza totale. Se consideriamo che gli insegnanti intervistati sono appunto docenti di storia, una componente fondamentale dell’historical thinking viene percepita come fondamentale dai docenti intervistati. Interrogare una fonte, problematizzare un fatto, pensare e riflettere sui significati dei processi storici fanno parte di quei contenuti di secondo ordine sui quali si centra il framwork teoretico dell’historical thinking.
Al contrario, l’item 4 (La metodologia di insegnamento deve essere centrata sull’insegnante in modo che gli studenti imparino il contenuto in maniera significativa) è quello che ha ricevuto la percentuale più alta (31.6%) di risposte con valore 1 (In forte disaccordo). Vediamo dunque che il core della didattica tradizionalista basata sulla centralità dell’insegnante nel processo di insegnamento-apprendimento viene sostanzialmente rifiutato dagli insegnanti intervistati. Ciò è confermato dalle percentuali alte di disaccordo massimo registrate nell’item 7 (Gli insegnanti sono i protagonisti del processo di insegnamento-apprendimento, poiché sono loro a decidere cosa, quando e come insegnare). Un altro item in cui le percentuali sono invece molto alte (69.7%) nel valore 5 (Fortemente d’accordo) è il 9 (Gli studenti dovrebbero avere un ruolo attivo nel processo di costruzione del loro apprendimento). Sarebbe la controparte dell’item 8 che abbiamo visto essere un simbolo del rifiuto di una didattica centrata sull’insegnante; qui invece abbiamo l’adesione convinta ad una didattica student-centered. Ad avvalorare ulteriormente questa tendenza costruttivista vi stanno le alte percentuali (51.3%) di valore 5 che ritroviamo nell’item 11 (La valutazione autentica è quella che comporta un feedback costante tra insegnante e studente). Questo riguarda un aspetto molto delicato del processo di insegnamento, ossia la valutazione; emerge un approccio anche in questo caso basato sulla centralità dello studente che si sostanzia in una partecipazione attiva anche alla fase finale dello stesso.
Riguardo alle domande relative all’insegnamento specifico della storia è l’item 16 (Quanto pensa che sia importante insegnare storia ai suoi studenti per avere abilità e competenze con cui comprendere la società), quello che riceve la più alta percentuale (52.6%) di accordo massimo, andando a confermare una percezione significativa da parte degli insegnanti dell’importanza dello studio della storia per la comprensione del presente.
Nella Tabella 2 si può osservare i valori di moda e percentili relativi agli items del questionario suddivisi in base al sesso. In relazione ai valori medi e mediani ci sono differenze tra uomini e donne. Gli uomini hanno un valore della moda più alta negli items 1 (Le lezioni di storia si basano esclusivamente sulle spiegazioni dell’insegnante), 3 (Nell ‘insegnamento è fondamentalmente la trasmissione di informazioni), 4 (La metodologia di insegnamento deve essere centrata sull’insegnante in modo che gli studenti imparino il contenuto in maniera significativa), 7 (Gli insegnanti sono i protagonisti del processo di insegnamentoapprendimento, poiché sono loro a decidere cosa, quando e come insegnare), 12 (La valutazione finale è la parte più importante del processo di insegnamento- apprendimento perché ci permette di sapere se gli studenti hanno imparato i contenuti) e il 13 (La valutazione deve essere basata sulla riproduzione delle conoscenze insegnate). Invece, le donne hanno un valore della moda più alto per il resto degli item, ad eccezione degli items 8, 9, 17, 19 y 20, per i quali non c’è differenza nel valore della modalità tra maschi e femmine.
Tabella 2. Moda e percentili per sesso
Item |
Uomo |
Donna |
|||||||
Moda |
Percentili |
Moda |
Percentili |
||||||
25 |
50 |
75 |
25 |
50 |
75 |
||||
1 |
3 |
3 |
4 |
4 |
1 |
1 |
2 |
3 |
|
2 |
4 |
4 |
4 |
5 |
5 |
4 |
5 |
5 |
|
3 |
5 |
4 |
5 |
5 |
3 |
3 |
3 |
4 |
|
4 |
3 |
3 |
4 |
4 |
1 |
1 |
2 |
3 |
|
5 |
4 |
4 |
4 |
4.75 |
5 |
4 |
5 |
5 |
|
6 |
4 |
4 |
4 |
4.75 |
5 |
4 |
4 |
5 |
|
7 |
5 |
3 |
4 |
5 |
1 |
1 |
2 |
3 |
|
8 |
5 |
5 |
5 |
5 |
5 |
5 |
5 |
5 |
|
9 |
5 |
4.25 |
5 |
5 |
5 |
4 |
5 |
5 |
|
10 |
4 |
3 |
4 |
4 |
5 |
3 |
4 |
5 |
|
11 |
4 |
4 |
4.50 |
5 |
5 |
4 |
5 |
5 |
|
12 |
5 |
2 |
4 |
5 |
3 |
2 |
3 |
4 |
|
13 |
5 |
2.25 |
4 |
5 |
3 |
1 |
2 |
3 |
|
14 |
3 |
3 |
4 |
4 |
4 |
4 |
4 |
5 |
|
15 |
3 |
3 |
3 |
4 |
5 |
3.25 |
5 |
5 |
|
16 |
3 |
3 |
3 |
4 |
5 |
3.25 |
5 |
5 |
|
17 |
3 |
2 |
3 |
3 |
3 |
1 |
3 |
3 |
|
18 |
3 |
2 |
3 |
3 |
4 |
2 |
3 |
4 |
|
19 |
3 |
2 |
3 |
3 |
3 |
2 |
3 |
3 |
|
20 |
3 |
2 |
3 |
3 |
3 |
3 |
3 |
4 |
Fonte: risultati ottenuti con il programma SPSS v. 28.
Per determinare se le differenze rilevate nei valori di tendenza centrale sono significative (p<.05), è stato eseguito il test U di Mann Whitney per il confronto tra due gruppi indipendenti. Nella Tabella 3 si possono osservare, invece, i risultati relativi all’analisi inferenziale. Variazioni nelle statistiche descrittive e differenze statisticamente significative (p <.05) si registrano negli items 1 (Le lezioni di storia si basano esclusivamente sulle spiegazioni dell’insegnante) con le donne che danno alla dichiarazione un valore significativamente più basso; 3 (Nell’ insegnamento è fondamentalmente la trasmissione di informazioni); con gli uomini significativemente in maggiore accordo con la dichiarazione; 4 (La metodologia di insegnamento deve essere centrata sull’insegnante in modo che gli studenti imparino il contenuto in maniera significativa) con le donne in maniera più evidente e significativa in disaccordo con la dichiarazione; 4 (La metodologia di insegnamento deve essere centrata sull’insegnante in modo che gli studenti imparino il contenuto in maniera significativa). Anche in questo caso con le donne che manifestano un disaccordo molto più pronunciato e significativo con la dichiarazione; 7 (Gli insegnanti sono i protagonisti del processo di insegnamento-apprendimento, poiché sono loro a decidere cosa, quando e come insegnare), con una opposizione netta e significativa tra donne e uomini, in cui quest’ultimi si trovano in accordo con la dichiarazione e le donne al contrario in forte disaccordo; 13 (La valutazione deve essere basata sulla riproduzione delle conoscenze insegnate), con le donne che danno significativamente una minore importanza a questo aspetto tradizionale della valutazione; 14 (Quanto pensa che sia importante insegnare storia ai suoi studenti per rafforzare l’identità territoriale e culturale?), con gli uomini significativamente in minor in accordo con la dichiarazione rispetto alle donne, così come per gli items 15 (Quanto pensa che sia importante insegnare storia ai suoi studenti per preservare l’eredità del passato?) e 16 (Quanto pensa che sia importante insegnare storia ai suoi studenti per avere abilità e competenze con cui comprendere la società?); infine, l’item 20 mostra una meno evidente differenza fra uomini e donne, con quest’ultime tuttavia, significativamente in accordo maggiore con la dichiarazione rispetto agli uomini.
Tabella 3. Differenze di sesso attraverso la prova U di Mann -Whitney
W |
Z |
Sig. |
|
1 |
2106.000 |
-2.684 |
.007* |
2 |
561.000 |
-.790 |
.430 |
3 |
2010.000 |
-4.013 |
.000* |
4 |
2022.500 |
-3.768 |
.000* |
5 |
501.000 |
-1.607 |
.108 |
6 |
598.500 |
-.239 |
.811 |
7 |
2017.000 |
-3.848 |
.000* |
8 |
2304.000 |
-.130 |
.896 |
9 |
2281.000 |
-.460 |
.646 |
10 |
608.500 |
-.100 |
.920 |
11 |
611.000 |
-.070 |
.944 |
12 |
2188.500 |
-1.591 |
.112 |
13 |
2041.500 |
-3.529 |
.000* |
14 |
420.500 |
-2.618 |
.009* |
15 |
407.000 |
-2.855 |
.004* |
16 |
376.000 |
-3.361 |
.001* |
17 |
2244.500 |
-.868 |
.385 |
18 |
559.500 |
.750 |
.453 |
19 |
518.500 |
-1.342 |
.180 |
20 |
445.000 |
-2.354 |
.019* |
Nota. Risultati ottenuti con il programma SPSS v. 28. * p <.05
Alla luce dei risultati dell’analisi di U di Mann-Whitney possiamo stabilire la seguente verifica delle nostre ipotesi:
H0: Non esistono differenze statisticamente significative (p<.05) tra gli insegnanti in funzione del sesso. L’ipotesi nulla viene rigettata perché esistono per alcune variabili differenze statisticamente significative in funzione del sesso dei partecipanti.
H1: Esistono differenze statisticamente significative (p>.05) tra gli insegnanti in funzione del sesso. L’ipotesi 1 viene ritenuta perché esistono differenze statisticamente significative in alcune variabili in funzione del sesso.
4. Discussione
Lo scopo del presente studio è stato esaminare in che modo gli insegnanti percepiscono le metodologie per lo sviluppo delle competenze di storia nella scuola secondaria. La considerazione più importante che può farsi a seguito dell’analisi dei risultati riguarda due aspetti cruciali. Primo, il corpo docente è orientato in larga maggioranza verso un insegnamento della storia che si inserisce nel framework teoretico dell’Historical Thinking, integrato da una metodologia di pedagogia centrata sullo studente. Secondo, questo atteggiamento presenta una significativa connotazione di sesso; sono le donne, infatti, che percepiscono l’importanza di una pratica rinnovata e finalizzata allo sviluppo di conoscenza significativa attraverso i contenuti di secondo ordine dell’historical thinking. Sia il primo che il secondo punto, si trova effettiva conferma nell’evidenza della letteratura che ha investigato questo topico. L’uso di un modello o di un approccio potrebbe quindi essere correlato all’uso di un metodo, di una strategia o di una risorsa specifica in classe. Al giorno d’oggi ci sono molti esperimenti e studi diversi che stabiliscono l’uso di risorse diverse dal libro di testo (che è sovrautilizzato nell’insegnamento della storia), che diversificano le strategie utilizzate in base all’innovazione didattica, soprattutto, per quanto riguarda la ricerca e l’uso di altre risorse come i videogiochi e il patrimonio storico e culturale (Gómez et al., 2017; Orts, 2019).
Inoltre, Sánchez et al. (2020) hanno indicato che gli insegnanti spagnoli di storia sono orientati a lasciarsi alle spalle una didattica tradizionale, e questo accade in maniera significativa se si considera l’età dei partecipanti, con gli insegnanti giovani che mostrano questo trend. In tal senso, possiamo dire che questo studio, svolto su un campione di docenti italiani denota che eventuali differenze dovute al contesto potrebbe non essere sostanziale. Tuttavia, possiamo dire che questo studio aggiunge un’importante elemento, ossia la significativa caratterizzazione di genere che si spinge in questa direzione. Associando, dunque, i risultati di questo studio con quello di Sánchez et al. (2021) si può lecitamente concludere che il profilo di insegnante innovativo nei contesti italiano e spagnolo è di genere femminile e di età giovane. A ciò si aggiunge che, poiché il nostro studio ha integrato un’indagine specifica per la didattica della storia con le caratteristiche di didattica generale costruttivista, questa differenza di genere può essere generalizzata a tutto lo spettro della capacità di teaching. Ciò dimostra che le insegnanti hanno colto in maniera sostanziale quel legame strettissimo tra competenza pedagogica e padronanza dei contenuti che il framework di Technological Pedagogical and Content Knowledge (TPACK) (Koehler et al., 2014) ha teorizzato essere l’unica via per un rinnovamento della didattica.
Gli uomini, invece, sono significativamente spostati verso una didattica “tradizionale”. Questa asserzione va, tuttavia, in contrasto con i ritrovamenti di Koh e Chai (2011), il cui studio ha dimostrato che non esistono differenze di genere e di età tra gli insegnanti cinesi in formazione nella percezione del costrutto di TPACK. Analogamente, Akdemir e Özçelik (2019) non hanno trovato differenze di genere tra gli insegnanti turchi per ciò che concerne le attitudini verso una didattica innovativa centrata sullo studente. Sembra dunque, che questo studio vada in direzione similare a quello degli insegnanti spagnoli, ma ciò non accade se ci spostiamo in altri contesti, soprattutto contesti non occidentali. A ciò si aggiunge che Shulman (1986), studiando gli archivi di alcuni stati americani, ha dimostrato, che questo legame tra competenze pedagogiche e competenze disciplinari come fattori determinanti nella selezione degli insegnanti negli Stati Uniti, non rappresenta una innovazione così originale dei tempi moderni. Possiamo azzardare, dunque, a titolo di suggerimento per altre investigazioni, un’ interpretazione di queste incongruenze. Quando parliamo di insegnamento tradizionale, solitamente intendiamo una modalità in cui si assegna una esclusiva competenza disciplinare come fattore di valutazione della competenza degli insegnanti. Shulman (1986) ha dimostrato che ciò è soltanto parzialmente vero. Questo però nel contesto nord-americano.
Potrebbe essere, pertanto, che questa concezione di insegnante tradizionale sia fortemente caratterizzata nel contesto italiano e spagnolo per ragioni storiche. Difatti, sia Italia che Spagna, hanno dovuto subire periodi drammatici di oppressione totalitaria, il franchismo e il fascismo, in cui il modello pedagogico si caratterizzava in senso elitario, sessista e classista. Dunque, più che dicotomia tra tradizione e innovazione occorrerebbe parlare di spaccatura tra insegnanti uomini che – pur rifiutando senza remore quei regimi politici - si lasciano ancora affascinare da concezioni pedagogiche che ai modelli elaborati in quegli anni si riferiscono. Il fatto che questo studio e quello di Sánchez et al. (2020) evidenziano questa spinta propulsiva delle insegnanti italiane e spagnole al demolimento totale di quel modello, potrebbe spiegarsi come una reazione al persistere di resistenze al rinnovamento.
Quello che tuttavia è concretamente importante, nel contesto italiano, non attiene ad una ideale adesione a un modello pedagogico piuttosto che un altro e le eventuali differenze di genere che li connotano. Concretamente importante sono gli effetti che l’adesione ad uno o altro modello determina negli risultati degli studenti. La ricerca ormai dimostra da molti anni che una didattica centrata sullo studente porta benefici non solo sulla performance nelle discipline umanistiche e scientifiche, ma anche nel benessere e nello sviluppo civico dei ragazzi (Cornelius, 2007). Pertanto, se la differenza di genere può essere determinate da questioni ideali e storiche ancora più istruttivo potrebbe essere pensare che le donne e gli insegnanti più giovani aderiscono ad una didattica costruttivista e a una didattica della storia non tradizionale, semplicemente, perché seguono ciò che l’accademia indica e verso le quali – umilmente o pragmaticamente – non hanno gli strumenti per mettere in discussione. In tal senso, Sánchez et al. (2020), hanno evidenziato che gli insegnanti di storia spagnoli attingono per la loro formazione alle evidenze degli articoli scientifici. Tuttavia, lo studio non ha investigato se esistono differenze di genere in questo aspetto. Seguendo questo ragionamento, in conclusione, sarebbe interessante investigare se nel contesto italiano esistono differenze in questo senso, ovvero se esistono differenze di genere nella adesione e applicazione da parte degli insegnanti uomini e donne a ciò che l’evidenza scientifica indica sia per la didattica della storia sia per la didattica generale.
5. Conclusioni
I risultati di questo studio hanno dimostrato l´interesse degli insegnanti per un modello di insegnamento della storia che lavora con l’allievo, andando oltre le conoscenze teoriche, utilizzando una serie di abilità e competenze orientate a una formazione più basata sulle competenze. Questi risultati sono in linea con i risultati di Miralles & Gómez (2016) nella loro ricerca sulla concezione epistemologica della storia e sulla metodologia di insegnamento dei futuri insegnanti. I risultati riflettono che, dal punto di vista degli insegnanti, una concezione dell’insegnamento tradizionale incentrata sulla trasmissione di conoscenze concettuali agli alunni, attraverso strategie espositive come il discorso frontale e l’apprendimento basato sulla memoria, si sta lasciando alle spalle.
Sebbene gli insegnanti contemplino un approccio didattico meno tradizionali, continuano a utilizzare le risorse e le strategie di un approccio didattico incentrato, sulla trasmissione e memorizzazione delle informazioni, soprattutto nel caso di insegnanti uomini. Anche in altri paesi si hanno evidenziato queste dissonanze, associandole al desiderio degli insegnanti di cambiare di cambiamento e di migliorare il proprio insegnamento, nonché all’influenza delle politiche educative che enfatizzano l’importanza dell’insegnamento incentrato sullo studente e dello sviluppo delle competenze (Gómez & Miralles, 2017; Gómez et al., 2018; Hernández et al., 2012; Miralles & Gómez, 2016; Postareff et al., 2008; Yunga et al., 2016).
Inoltre, i risultati presentati da Gómez & Miralles (2017), sebbene si riferiscano a insegnanti in formazione iniziale, mostrano anche una maggiore percezione a favore dell’uso di metodologie innovative. Infatti, affermano che gli insegnanti in formazione sono forse influenzati dalla tendenza attuale, che dà maggiore rilevanza alle metodologie attive. Ciò viene sottolineato anche da Yunga et al. (2016), sebbene in riferimento al contesto universitario, dove un’altissima percentuale di docenti identifica il proprio approccio didattico come incentrato sullo studente. Questo, tuttavia, è in contrasto con la ricerca di Hernández et al. (2012), che ha concluso che la concezione dell’insegnamento più utilizzata dagli insegnanti di istruzione primaria è quella incentrata sulla trasmissione di informazioni. Tuttavia, Dejene et al. (2018), per quanto riguarda gli insegnanti di scuola secondaria, hanno riscontrato che essi attribuiscono maggiore importanza a un approccio didattico tradizionale più incentrato sull’insegnante, che sull’apprendimento degli studenti. Esistono pochi studi precedenti sugli approcci didattici nell’istruzione primaria e secondaria in Italia. Pertanto, questo studio può fornire una base scientifica per quanto riguarda il modo, in cui gli insegnanti in servizio considerano i processi di insegnamento e apprendimento della storia. Mentre la didattica tradizionale punta soprattutto sulla trasmissione di conoscenze storiche che vengono presto dimenticate e delle quali lo studente non percepisce l’utilità, la didattica laboratoriale mira a costruire il modo di pensare “storicamente”, allo scopo di formare cittadini che sappiano utilizzare gli strumenti e le competenze acquisite per comprendere meglio il mondo attuale e per agire su di esso. Mattozzi ha poi messo in evidenza diverse “misconcezioni” relative all’attività laboratoriale - dall’abitudine a catalogare le fonti in modo arbitrario (fonti materiali, fonti scritte, ecc.) alla convinzione che le abilità nell’uso delle fonti servano soltanto per capire come funziona l’attività dello storico - fino a criticare l’idea stessa che fare ricerca sulle fonti sia il tipo di laboratorio storico più appropriato (Matozzi, 2012). Diversi studi hanno dimostrato che i metodi di insegnamento adottati dagli insegnanti sono estremamente influenzati dai loro approcci didattici (Guarracino, 2021; Kember & Kwan, 2000; Trigwell e Prosser, 2004; Postareff et al., 2008). L’uso di un modello o di un approccio didattico specifico potrebbe, quindi, essere correlato all’utilizzo in classe di Storia di metodi e risorse specifici. Il docente, insomma, è l’unico professionista, la cui professione, è caratterizzata dalla capacità di svolgere la mediazione tra il sapere esperto e lo studente in via di formazione, e dalla competenza a trasformare il sapere specialistico in sapere didatticamente attrezzato sul quale, attraverso una serie di azioni didatticamente mirate, condurre gli alunni a compiere le operazioni cognitive necessarie a costruire la conoscenza storica.
È quindi essenziale un nuovo orientamento metodologico nell›insegnamento, che promuova una maggiore interazione e lo sviluppo di competenze che consentano agli studenti di argomentare, discutere e costruire i contenuti storici affrontati in classe, promuovendo l›uso di metodologie più attive, come l›apprendimento basato su problemi, il service-learning, l›apprendimento basato su sfide e la gamification e l›uso di videogiochi e realtà virtuale (Sáiz et al., 2018; Olmos, 2017; Rivero & Feliu, 2017; Trujillo, 2017; Jiménez, 2020). Tali strategie e metodi sono maggiormente legati a un approccio critico all’insegnamento delle scienze sociali (Estepa, 2019) e incoraggiano lo sviluppo delle capacità di pensiero storico (Seixas, 2015; Seixas & Morton, 2013).
Questo studio ha analizzato le percezioni degli insegnanti in merito alla loro metodologia di insegnamento della storia, ma è necessario confrontare queste percezioni con quelle degli studenti e con l’osservazione diretta della pratica didattica in classe. In sintesi, è chiaro che nell’ambito dell’insegnamento della storia e delle scienze sociali, tenendo in considerazione la relazione che esiste tra gli approcci didattici e le strategie o azioni impiegate dagli insegnanti, un cambiamento di approccio o di modello di insegnamento può portare a un’innovazione metodologica nella pratica didattica. È, quindi, necessario proseguire verso una visione dell’insegnamento incentrata sull’apprendimento e che promuova interazione tra studenti e insegnanti. Facilita la comprensione e lo sviluppo delle competenze storiche, consentendo agli studenti di non solo di ricordare fatti o memorizzare informazioni, ma anche di risolvere problemi nel loro contesto sociale (Gómez & Miralles, 2017; Kember & Kwan, 2000; Lastrucci, 2000; Trigwell & Prosser, 2004). Tutto questo in tutto ciò in linea con i modelli o approcci critici proposti da Mayorga & Madrid (2010) o il modello costruttivista di Dejene et al. (2018).
Tuttavia, le strategie metodologiche di tipo tradizionale e basate sulla memoria ancora si utilizzano. Pertanto, sarebbe interessante esaminare in modo più dettagliato e approfondito profili di risposta per scoprire il modello con cui gli insegnanti si identificano di più e se ci sono modelli con il quali gli insegnanti si identificano maggiormente e se ci sono differenze tra gli insegnanti di diversi livelli di istruzione. Anche occorrerebbe che tali ricerche si intersecassero con quelle sui processi di apprendimento dei bambini e degli adolescenti e con le possibilità di trasposizione didattica ottimale dei modelli testuali prodotti dalla storiografia. Da tale punto di vista, potrebbe essere utile sapere quali sono le pratiche di insegnamento diverse da quelle trasmissive e quali sono i loro risultati nella formazione della competenza storica degli studenti. Un’altra linea di estensione di questa ricerca sarebbe quella di analizzare se esistono differenze significative nella metodologia dell’insegnamento della storia, a seconda degli anni di esperienza degli insegnanti o della loro formazione continua nella didattica delle scienze sociali.
Inoltre, un’analisi qualitativa che si avvalga di interviste o gruppi di discussione consentirebbe di contrapporre questi modelli con maggiore precisione. Tuttavia, questo studio ha permesso spiegare le percezioni degli insegnanti riguardo agli approcci all’apprendimento e metodología didattica della storia nella scuola secondaria.
In ogni caso, tutto ciò invita a riflettere sui bisogni formativi degli insegnanti e, in particolare, sui programmi di formazione iniziale degli insegnanti orientati agli aspetti pratici, approcci più centrati sugli studenti e sul loro apprendimento e che promuovono strategie di insegnamento e apprendimento più attive e innovative. Gli insegnanti dovrebbero riflettere sui propri approcci, con l’obiettivo di adottare in futuro strategie di insegnamento meno tradizionali in futuro. Ma, il curriculo di Storia anche influisce nella metodologia degli insegnanti. In questo senso, le indicazioni curriculari per i Licei sono in gestazione, ma si può pensare che non si discosteranno da una struttura che ribadiranno la primazia dell’ordinamento cronologico e l’esclusività del passato europeo in conformità delle posizioni degli storici “tradizionalisti”. La linea cronologica è salvaguardata, l’eurocentrismo è riaffermato, e la storia politico-istituzionale è ancora ritenuta la sostanza primigenia del sapere storico (Berger, 2005; Cajani, 2014; Goretti, 2013).
Apparentata (e gentilianamente sottomessa) alla filosofia nei licei, la storia è stata spesso ridotta a mero racconto aproblematico e acritico, elenco di fatti e sterile esercizio mnemonico, rivelandosi inadeguata a promuovere una conoscenza critica del passato in grado di fornire strumenti culturali riconoscibili come utili alla comprensione del presente: dal microcosmo familiare all’orizzonte territoriale e ambientale, dalle stratificazioni sociali alle realtà produttive, dalle ragioni della politica ai grandi conflitti internazionali, dalle relazioni tra civiltà e culture alla storicità stessa dei saperi scientifici e tecnologici oggi dominanti. Bisogna elaborare curricoli, programmazioni didattiche, unità di apprendimento, pensate per stimolare favorire, aiutare, provocare i processi di apprendimento attraverso la costruzione delle conoscenze. Il cambiamento dell’insegnamento della Storia, finalizzato al progresso umano degli studenti e della società, deve partire dagli insegnanti; questo non è possibile se prima di tutto essi non hanno coscienza che il modo tradizionale di insegnamento della Storia e la sue finalità miravano ad “indottrinare” gli studenti verso una storia del mondo prettamente “eurocentrica” (Borghi et al., 2015; Brusa, 2015).
E’ necessario che la scuola abitui gli studenti al modo di pensare degli storici. Questa è la finalità. Essa impone cinque requisiti: la percezione che la storicità non riguarda solo entità statali, i grandi sistemi, le grandi organizzazioni, i grandi uomini; ma che in essa sono immerse anche le piccole comunità e gli individui; la coscienza e la capacità d’uso della molteplicità dei tempi dell’analisi storiografica la conoscenza e la sperimentazione delle procedure del lavoro storiografico (Matozzi, 2012; Panciera & Valseriati, 2019).
Infine, questo studio ha dovuto affrontare una serie di limiti. Da un lato, la necessaria esecuzione di un’analisi fattoriale confermativa per per verificare la validità del costrutto progettato. D’altra parte, il fatto di non aver condotto uno studio probabilistico limita la generalizzazione dei risultati. Inoltre, sarebbe utile che il questionario potessero essere realizzato per insegnanti di altre regioni italiani.
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1 Este trabajo es resultado de la tesis doctoral de Katia Valentina Famà “L´insegnamento delle competenze storiche nell´istruzione secondaria superiore in Italia” dirigida por Pedro Miralles Martínez y Raquel Sánchez Ibáñez defendida el 3 de marzo de 2023 en la Universidad de Murcia. La tesis doctoral se enmarca dentro del proyecto de I+D+i “La enseñanza y el aprendizaje de competencias históricas en bachillerato: un reto para lograr una ciudadanía crítica y democrática” (PID2020-113453RB-I00), financiado por la Agencia Estatal de Investigación (España) (AEI/10.13039/501100011033), que tiene como IP a Pedro Miralles Martínez y Raquel Sánchez Ibáñez.
AREAS Revista Internacional de Ciencias Sociales, 45/2023 “La enseñanza y el aprendizaje de las ciencias sociales en tiempos de incertidumbre”, pp. 187-201.