AREAS Revista Internacional de Ciencias Sociales, 45/2023 “La enseñanza y el aprendizaje de las ciencias sociales en tiempos de incertidumbre”, pp. 173-186. DOI: https://doi.org/10.6018/areas.528651.

L’insegnamento del patrimonio nell’Italia meridionale (Agrigento): le percezioni degli insegnanti

Alfonso Cimino

Universidad de Murcia

Raquel Sánchez-Ibáñez

Universidad de Murcia

Riassunto

Questo articolo nasce dall’esigenza di capire e analizzare come viene insegnato il patrimonio culturale nelle scuole secondarie in Italia. L’obiettivo della ricerca è la diagnosi educativa e la metodologia applicata è quantitativa, basata sulla compilazione di un questionario agli insegnanti in servizio. Questo strumento di raccolta delle informazioni è stato progettato e convalidato con l’obiettivo di questo studio. Si tratta di uno studio non probabilistico basato su un campione di convenienza (n=122) di insegnanti che insegnano o hanno insegnato la materia Storia nella regione di Agrigento (Italia meridionale) a livello di scuola secondaria, durante l’anno accademico 2020/2021. Le analisi descrittive e inferenziali effettuate mostrano che l’insegnamento del patrimonio culturale nella regione di Agrigento (Sicilia) è tradizionale e basato sul libro di testo e sulla lezione magistrale. L’uso di strategie e risorse più innovative e attive è più frequente tra le donne e gli insegnanti della fascia di età 31-40 anni. Si conclude che è necessario migliorare la formazione metodologica degli insegnanti per garantire un insegnamento del patrimonio più attivo e innovativo.

 

Parole chiavi: insegnamento, patrimonio, docenti, metodologia, Italia

Heritage teaching in southern Italy (Agrigento): teachers’ perceptions

Abstract

This article arises from the need to understand and analyze how heritage is taught in secondary schools in Italy. The aim of the research is educational diagnosis and the methodology applied is quantitative, based on the completion of a questionnaire to active teachers. This information collection tool was designed and validated taking into account the objective of this study. This is a non-probabilistic study based on a convenience sample (n=122) of teachers who teach or have taught the subject of History in the region of Agrigento (southern Italy) at secondary school level, during the academic year 2020/2021. The descriptive and inferential analyses carried out show that heritage teaching in the region of Agrigento (Sicily) is traditional and based on the textbook and the master class. The use of more innovative and active strategies and resources is more frequent among women and teachers in the 31-40 age group. It is concluded that there is a need to improve the methodological training of teachers, to ensure a more active and innovative heritage teaching.

Keywords: teaching, heritage, teachers, methodology, Italy

Fecha de recepción del original: 20 de junio de 2022; versión definitiva: 17 de enero de 2023.

Alfonso Cimino, Universidad de Murcia; E-mail: a.cimino@um.es.

Raquel Sánchez-Ibáñez, Área de Didáctica de las Ciencias Sociales, Facultad de Educación, Universidad de Murcia, Campus de Espinardo, 30100, Murcia; Tel.: +34 868884537; E-mail: raqueledu@um.es; ID ORCID: https://orcid.org/0000-0002-7628-1991.

L’insegnamento del patrimonio nell’Italia meridionale (Agrigento): le percezioni degli insegnanti1


Alfonso Cimino

Universidad de Murcia

Raquel Sánchez-Ibáñez

Universidad de Murcia

1. Introduzione

L’etimologia delle parole italiane “patrimonio culturale”, utilizzate per indicare il “cultural heritage”, derivano rispettivamente dal latino patrimonium e cultura. Patrimonium è a sua volta frutto dell’unione di altri due lemmi latini quali pater (padre) e munus (dovere) e significa letteralmente “dovere del padre” stando a indicare, per estensione, tutte le cose che appartengono al padre e che vengono lasciate ai figli in eredità; si può, pertanto, affermare che il significato originale di patrimonium sia quello di “beni ereditati dal padre, beni di famiglia” e come questo ponga in evidenza il carattere ereditario sanguineo di tali beni” (De Troyer, 2005: 12). Cultura deriva dal latino cultura, a sua volta proveniente da colĕre (coltivare), e indica, nella sua accezione antropologica, il complesso sistema di manifestazioni vitali, sociali e spirituali di un popolo o di un’etnia direttamente connesse alle numerose tappe del continuo processo evolutivo, alle condizioni ambientali e ai differenti periodi storici.

Il patrimonio culturale, dunque, si lega profondamente con il significato più importante dell’insegnamento della storia, ossia, la riflessione sull’eredità del passato da conservare e proteggere nel presente, di una concezione della storia che è per gli umani autoconoscenza. Conoscersi significa conoscere cosa si può fare e, siccome nessuno conosce ciò che può fare fin quando non tenta di farlo, l’unico indizio di cosa può fare è cosa l’uomo ha fatto. Il valore della storia, dunque, è l’insegnamento che ci dà riguardo a quello l’uomo ha fatto e quindi insegnarci ciò che l’uomo è (Collingwood, 1946). Pertanto, la storia ha un nesso stringente con il concetto del “fare” e, in questo senso, il patrimonio culturale diviene l’oggetto più evidente e tangibile del “fare” di un determinato popolo. L’insegnamento della storia attraverso il patrimonio può favorire quell’apprendimento significativo che la prospettiva teoretica del pensiero storico (Historical Thinking) ormai da tempo auspica (Lee, 2005; Lee, Dickynson & Ashby, 2004; Lévesque, 2008; Seixas & Morton, 2013). Numerosi studi recenti o abbastanza recenti hanno, in questo senso, evidenziato l’opportunità di legare il patrimonio culturale (musei, siti archeologici, ecc.) alla didattica della storia, in una prospettiva di rinnovamento didattico che si ispiri ad un apprendimento attivo dello studente attraverso anche l’ausilio delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ibañez et al., 2014; Martín & Cuenca, 2011; Vicent & Ibañez-Etxeberria, 2015). Questo si giustifica innanzitutto con il fatto che il patrimonio culturale si configura come una fonte storica primaria che assume un valore elettivo per l’historical thinking. Difatti, Gómez & Miralles (2016) sottolineano che le fonti e il metodo dello storico rappresentano un qualcosa di essenziale nella prospettiva dell’Historical Thinking. A ciò si connette, in aggiunta, la necessità per l’Historical Thinking di essere insegnato attraverso un metodo pedagogico che metta lo studente in un atteggiamento attivo e costruttivo nei confronti del suo proprio apprendimento (Gómez et al., 2020) con la conseguente urgenza di programmare una formazione iniziale e in servizio dei docenti che tenga conto del bisogno di rinnovamento della didattica della storia, anche e soprattutto attraverso l’uso del patrimonio culturale presente nel territorio oppure raggiungibile attravaerso la tecnologia virtuale (Sánchez et al., 2021).

In questa prospettiva appare chiaro che una funzione essenziale per lo sviluppo di una didattica del patrimonio efficace deve fare leva su tutta una serie di strategie e risorse che vengono messe in atto dal docente nel suo teaching. La scelta di opportune strategie e risorse rientra nella ossessiva ricerca da parte dei docenti di motivare gli studenti allo studio della disciplina storica. L’insegnamento del patrimonio può essere considerata in se stessa una strategia per risollevare le sorti didattiche di una disciplina in crisi (Scott, 1989). Già Frederick (1993) quasi tent’anni orsono rilevava:

la più grande sfida con la quale ci raffrontiamo noi insegnanti di storia è motivare gli studenti ad amare la Storia così come noi la amiamo ed essere gioiosamente coinvolti nei testi, nelle tematiche, nei problemi e nelle domande della storia che tanto eccitano noi. (p. 15)

Alla luce di ciò, l’intreccio tra l’insegnamento della Storia e le teorie pedagogiche risulta imprescindibile e, ovviamente, si aggiunge l’inevitabile considerazione delle TIC quale strumento non solo di supporto, ma di integrato strumento pedagogico, che con le teorie pedagogiche stesse si intreccia in maniera indissolubile. Per tale ragione, una didattica che vuole dirsi innovativa non può non svilupparsi senza tenere in considerazione questa necessaria integrazione tra contenuti disciplinari, teorie pedagogiche e tecnologie. Il modello Technological Pedagogical Content Knowledge (TPACK) (Herring et al., 2016; Koehler et al., 2013; Koh & Chai, 2014; Mishra & Koehler, 2006; Olofson et al., 2016) è un esempio di teorizzazione nella quale ciò di cui dicevamo sopra trova una sua completa realizzazione. La ratio più importante di questo modello si situa nella risoluzione di un problema con il quale gli insegnanti si sono dovuti raffrontare negli ultimi anni. Sarebbe il fatto che si è creata una biforcazione nella didattica, per la quale la didattica tradizionale basata sul contenuto disciplinare è stata sfidata dalla pedagogia e pertanto il contenuto e la sua perfetta padronanza che, nella visione classica, unicamente determina la capacità di insegnamento, è stato messo in dicussione e posto in secondo piano dalla capacità pedagogica, in termini di metodo; in tale metodo ovviamente supportata significativamente dalla psicologia. Il modello di TPACK è stato elaborato innanzitutto per equilibrare questa situazione, mettendo sullo stesso livello le due visione e considerandole, diremmo noi, banalmente, essenziali entrambe.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che imprescindibile risulta la tecnologia e la sua straordinaria capacità di potenziare sia la qualità del contenuto che l’efficacia del metodo, legando entrambi, e generando quindi quell’apprendimento significativo degli studenti tanto auspicato. Potremmo dire che in ambito storiografico l’innovazione epistemologica e metodologica si incentra nell’emersione del nuovo paradigma dell’historical thinking, in cui l’insegnamento della disciplina trova la sua innovazione attraverso il superamento dell’insegnamento della literacy storica in funzione di formazione e cemtificazione dell’identità nazionale e del patriottismo. Ecco dunque che gli insegnanti di storia si trovano di fronte a questa sfida. Modificare o rinforzare la propria didattica alla luce delle nuove esigenze della storia, da insegnare obbligatoriamente in conformità del paradigma dell’historical thinking (Barnes et al., 2017; Cochran & Zeichner, 2005; Darling & Bransford, 2005; Miralles et al., 2019; Sáiz & López-Facal, 2015). Ecco dunque che le strategie e le risorse che vengono utilizzate divengono uno specchio della didattica e non necessariamente devono seguire un percorso lineare e prestabilito per tutti i docenti. Tutto questo diviene ancor più vero se si sceglie di rinnovare la didattica della storia attraverso l’insegnamento del patrimonio. ha infatto messo in evidenza le differenze che esistono tra Inghilterra e Spagna nell’insegnamento del patrimonio Gómez et al. (2020). In entrambi i casi l’obiettivo principale è identico: proporre un didattica di historical thinking attraverso il patrimonio; tuttavia, mentre i docenti in formazione, che compongono il target di docenti presi in considerazione, della Spagna mostrano una predilizione verso una didattica che integra pienamente l’insegnamento del patrimonio con una metodologia di insegnamento-apprendimento il più possibile attiva e costruttivista, un più marcato tradizionalismo pedagogico connota le percezione dei giovani insegnanti di storia inglesi, che si sostanzia in una minorela frequenza di utilizzo del patrimonio come risorsa. In Italia, l’attenzione verso l’educazione al patrimonio segue la spinta propulsiva dell’Unione Europea che ha sviluppato nell’anno 2005, dedicato allo sviluppo della cittadinanza attraverso l’educazione, il suo European democratic citizenship, heritage education and identity, in cui il valore del patrimonio come strumento educativo viene evidenziato invitando allo sviluppo di progetti o piani nazionale per la sua realizzazione e implementazione. Una serie di evidenze possiamo quindi trovare in letteratura sull’argomento (Borghi, 2019; Brunelli, 2013; Di Blas & Poggi, 2006; Dondarini, 2008; Mingozzi, 2019; Musci, 2013 e 2015).

Su questa scia, Antonaci et al. (2013) hanno messo in evidenza il ruolo delle risorse didattiche utilizzate nell’educazione al patrimonio, asserendo un ovvia necessità di improntare l’insegnamento del patrimonio con l’ausilio di risorse tecnologiche. A tal proposito, essi analizzano il ruolo dei musei virtuali e concludono che l’utilizzo di questa risorsa, è ancora infrequente. In Spagna, in un recentissimo studio, Guerrero et al. (2021) mettono in evidenza che l’utilizzo delle risorse più innovative e tecnologiche sono valutate dai docenti del patrimonio come quelle maggiormente idonee a spostare tutta la didattica della storia verso posizioni distanti dalla tradizione della lezione frontale e simboleggiata dalla sua risorsa principe - ovvero il “sacro” libro di testo (López-Facal &Valls 2012; Prats & Valls, 2013). Risulta quindi chiaro che approfondire le conoscenze riguardo le risorse che gli insegnanti di storia utilizzano quando scelgono il patrimonio come metodo e strumento può essere molto istruttivo, in considerazione del crescente interesse che i sistemi scolastici europei stanno dedicando a questa forma di istruzione, la quale si lega allo sviluppo economico e culturale del continente. Questo poiché il patrimonio culturale rappresenta lo specchio più significativo e tangibile della sua identità, nonché la risorsa di attrazione di investimenti più determinante. Questo studio ha quindi lo scopo principale di indagare in che modo gli insegnanti di storia si approcciano all’insegnamento del patrimonio in un territorio –Agrigento– in cui il patrimonio culturale rappresenta non solo per quel territorio stesso l’anima più profonda, ma si caratterizza in senso storico-artistico come l’anima profonda di tutto l’Occidente, per l’ovvio motivo che ad Agrigento abbiamo una delle manifestazioni più importante di quella antichità greca, madre e culla d’Europa.

2. Metodo

Questo studio fa parte di una tesi di dottorato svolta nell’ambito del Programma di Dottorato in Educazione dell’Università di Murcia. È una investigazione di tipo diagnostico realizzato con un design metodologico di tipo quantitativo descrittivo. L’obiettivo dello studio è scoprire come viene insegnato il patrimonio culturale nelle scuole secondarie di Agrigento. Utilizzando questo approccio metodologico, sono stati recentemente pubblicati diversi studi sulla percezione dell’educazione al patrimonio culturale (Moreno et al., 2020; Moreno et al., 2021). In particolare, ci sono due obiettivi specifici in questa ricerca:

OB1. Analizzare le strategie didattiche che gli insegnanti utilizzano per insegnare il patrimonio.

OB2. Analizzare le risorse didattiche che gli insegnanti utilizzano per insegnare il patrimonio.

Nello specifico, attraverso l’analisi delle strategie e risorse didattiche che gli insegnanti utilizzano, si vuole stabilire se l’insegnamento avviene in maniera tradizionale oppure innovativo. A partire da questo obiettivo si stabiliscono le seguenti 2 ipotesi:

H0: Non esistono differenze statisticamente significative (p<.05) tra gli insegnanti in funzione del sesso e dell’età.

H1: Esistono differenze statisticamente significative (p>.05) tra gli insegnanti in funzione del sesso e dell’età.

2.1. Partecipanti

Lo studio non è probabilistico e il campione è stato individuato nel corpo docente che insegna Storia nella scuola secondaria della provincia di Agrigento (Italia). Centoventidue docenti compongono il campione (donne n=87, uomini n=35). Questi dati sono stati raccolti per conoscere se esistono differenza statisticamente significative tra i docenti in funzione del loro sesso ed età. La categoria di età compresa tra i 41 e i 50 anni ha rappresentato il maggior numero di partecipanti, il 53.8%. Tra i 51 e i 60 anni ha risposto il 19.2% e oltre i 61 anni il 15.4%. La categoria di insegnanti che ha partecipato meno è stata quella tra i 31 e i 40 anni, con l’11.5%, e nessun insegnante tra i 20 e i 30 anni ha risposto.

2.2. Strumento

Per la raccolta delle informazioni è stato disegnato e validato un questionario ad hoc a risposta chiusa e multipla formato da 76 items con una scala di risposta di tipo Likert a cinque valori, che in alcuni casi misurano le frequenze con la quale si produce l’enunciato della domanda e in altri il grado di accordo con quanto detto nella dichiarazione. Il questionario è formato da tre blocchi. Il primo serve per raccogliere informazioni di tipo socio-demografico ed è formato da 4 campi: sesso, età, grado d’insegnamento e tipologia di istituto di insegnamento. Il secondo blocco raccoglie informazioni circa l’approccio didattico deli insegnanti riguardo l’insegnamento del patrimonio ed è composta dai seguenti campi: a) Conoscenze; b) Profilo; c) Patrimonio; d) Competenze; e) Strategie; f) Risorse; g) Attività; h) Valutazione. Il terzo blocco si riferisce ad una serie di variabili (barriere, agevolazioni, percezioni, ecc.) attinenti agli studenti che devono apprendere la storia attraverso il patrimonio. Questo blocco è composto da un campo con 6 items.

Questa ricerca è stata autorizzata dal Comitato etico dell’Università di Murcia. In questo studio vengono offerti risultati relativi al campo “Strategie” e Risorse” del secondo blocco, poiché essi si relazionano con l’obiettivo che vogliamo perseguire. L’analisi comparativa si va a realizzare in funzione del sesso e dell’età dei partecipanti.

2.3. Procedimento

La struttura e il disegno del questionario sono stati realizzati partendo dall’applicazione Google Form e il questionario è stato validato da 6 esperti specializzati nella docenza delle scienze sociali (tre sono docenti universitari ed altri tre insegnano Storia nella scuola secondaria di primo e secondo grado). Per la validazione del questionario è stata elaborata una griglia con la quale è stato chiesto ai validatori di rispondere circa il livello di pertinenza e chiarezza di ciascun item. Le opzioni di risposte erano di tipo Likert a 5 valori. Alla griglia è stata aggiunto un ultimo campo aperto, affinché il validatore potesse esprimere suoi suggerimenti per il questonario. Questi suggerimenti sono serviti per migliorare la redazione di alcuni items. Non è stato eliminato nessuno degli items della scala della prima redazione, poiché la media di ogni item si è situata sopra al valore soglia di 4, stabilito come valore soglia per l’eliminazione.

In una seconda fase della ricerca è stato realizzato uno studio pilota per testare la consistenza del questionario. La somministrazione è stata fatta con un campione di 30 docenti che poi sono stati separati dagli altri partecipanti allo studio. Il test Alpha di Cronbach ha mostrato un valore inferiore alla accettabilità, pertanto, si è proceduto all’eliminazione di un item doppione che misurava il medesimo elemento del costrutto. In questo modo, si è arrivati al miglioramento della consistenza interna fino al raggiungimento di un valore di .92, considerato come alto.

Nella terza fase dell’analisi dei risultati, i dati raccolti mediante Google Form sono stati esportati in un foglio di calcolo Excel e successivamente esportati nel software statistico SPSS nella sua versione 28. Mediante il software è stata realizzata in prima istanza la prova Kolmogorov-Smirnoff. Si tratta di un test per la bontà di adattamento, vale a dire, serve per verificare se i dati rilevati nel campione seguono una distribuzione normale. In sostanza, permette di misurare il grado di concordanza esistente tra la distribuzione di un insieme di dati e una specifica distribuzione teorica. Il suo obiettivo è segnalare se i dati che provengono da una popolazione si configura come aderente alla distribuzione specificata, ossia, ciò che si fa è constatare se le osservazioni potrebbero razionalmente procedere nella direzione della distribuzione specificata. I risultati di questa prova hanno indicato una distribuzione non normale, pertanto, le analisi statistiche per la verifica delle ipotesi di ricerca sono state realizzate attraverso test non parametrici. Per la comparazione tra i partecipanti, in funzione del sesso, e stata impegata la prova U di Mann-Whitney per due campioni indipendenti, mentre la comparazione dei gruppi di età è avvenuta attraverso il test H di Kruskall-Wallis per gruppi indipendenti.

3. Risultati

OB1. Analizzare le strategie didattiche che gli insegnanti utilizzano per insegnare il patrimonio.

Nella Tabella 1 si osserva le diverse strategie didattiche utilizzate per l’insegnamento del patrimonio. Si rileva una prevalenza della classica lezione frontale (item 1) e, dall´altro lato, un poco uso della flipped classroom (item 2) e il gioco di ruolo (item 3). Inoltre, gli insegnanti utilizzano regolarmente l’analisi delle fonti, la discussione e l’apprendimento basato su problemi come strategie di insegnamento per l’educazione al patrimonio culturale. Il tipo più frequente di raggruppamento degli studenti è il lavoro individuale autonomo.

Tabella 1. Percentuali de uso delle strategie didattiche per insegnare il patrimonio

Item

1*

2

3

4

5

1. Discorso frontale

3.8

15.4

15.4

46.2

19.2

2. Classe Invertita

7.7

57.7

15.4

15.4

3.8

3. Gioco di ruolo

15.4

46.2

23.1

7.7

7.6

4. Dibattito

0

0

42.3

34.6

23.1

5. Apprendimento basato sui problemi

3.9

7.7

42.3

26.9

19.2

6. Apprendimento basato sui progetti

3.8

30.8

38.5

11.5

15.4

7. Ricerca

0

30.8

38.5

11.5

19.2

8. Analizzare le fonti

0

3.8

50

19.2

37

9. Apprendimento autonomo ed individuale

0

7.6

46.2

38.5

7.7

10. Apprendimento collaborativo

0

26.9

38.5

30.8

3.8

Fonte: risultati ottenuti con SPSS v. 28. *1= mai; 2= poco; 3= regolarmente; 4= molto spesso; 5= sempre.

Nella Tabella 2 si vede la comparazione tra i sessi per ciò che concerne le diverse strategie didattiche utilizzate per insegnare il patrimonio. In relazione ai valori medi e mediani non ci sono molte differenze tra uomini e donne, ad eccezione degli item associati alla discussione, dove la mediana è più alta (Me=4) per le donne, invece, nell’item dell’apprendimento basato su progetti (item 6) e nella ricerca (item 7), la mediana è più bassa per gli uomini. Per determinare se le differenze rilevate nei valori di tendenza centrale sono significative (p<.05), è stato eseguito il test U di Mann Whitney per il confronto tra due gruppi indipendenti (Tabelle 3). I risultati indicano che differenze significative sono state riscontrate, tra uomini e donne, nelle variabili “Apprendimento basato sui progetti” (Sig.=.007), “Ricerca” (Sig.=.038) e “Dibattito” (Sig.=.041).

Tabella 2. Moda e Mediana per Genere

Item

Uomo

Donna

Moda

Mediana

Moda

Mediana

1. Discorso frontale

4

4

4

4

2. Classe Invertita

2

2

2

2

3. Gioco di ruolo

2

2

2

2

4. Dibattito

3

3

3

4

5. Apprendimento basato sui problemi

3

3

3

3

6. Apprendimento basato sui progetti

3

2

3

3

7. Ricerca

3

2

3

3

8. Analizzare le fonti

3

3

3

3

9. Apprendimento autonomo ed individuale

3

4

3

4

10. Apprendimento collaborativo

3

3

3

3

Tabella 3. Risultati della comparazione tra i sessi

Item

Z

Sig.

1. Discorso frontale

-1.992

.406

2. Classe invertita

-.850

.395

3. Gioco di ruolo

-2.157

.310

4. Dibattito

-815

.041

5. Apprendimento basato sui problemi

-1.392

.164

6. Apprendimento basato sui progetti

-1.809

.007

7. Ricerca

-.160

.038

8. Insegnamento ad analizzare le fonti

-.881

.378

9. Apprendimento autonomo ed individuale

-.221

.825

10. Apprendimento collaborativo

-.375

.707

Fonte: risultati ottenuti con il programma SPSS v. 28.

La prova H di Kruskal-Wallis ha inoltre evidenziato differenze significative per le seguenti strategie rispetto all’età dei partecipanti: discorso frontale (Sig.=.000); gioco di ruolo (Sig.=.000); dibattito (Sig.=.044); apprendimento basato sui progetti (Sig.=.014); apprendimento autonomo e individuale (Sig.=.000). Come si può vedere nella Tabella 4, in generale, esistono differenze tra la fascia di età di 30 anni e quella di 40-60 anni. I valori della mediana indicano che i gruppi di età compresa tra i 40 e i 60 anni utilizzano sempre il discorso frontale come strategia didattica (Me=5), a differenza del gruppo di età compresa tra i 31-40 anni che la utilizzano regolarmente (Me=3). Lo stesso vale per il lavoro individuale e autonomo, utilizzato spesso dal gruppo d’età 51-60 anni (Me=4), mentre il grippo di 30-41 anni lo utilizza regolarmente (Me=3). Ci sono anche differenze nell’uso di strategie più innovative, che sono più regolarmente o spesso utilizzate dagli insegnanti di età 30-41 anni: giochi di ruolo (Me=3), discussioni (Me=3) e apprendimento basato su progetti (Me=4). Mentre gli insegnanti della fascia d’età 51-60 utilizzano regolarmente le discussioni (Me=3), ma mai le strategie più attive o innovative, come il gioco di ruolo (Me=1) e l’apprendimento basato su progetti (Me=1).

Tabella 4. Risultati della comparazione tra i gruppi di età

Item

Gruppi di età

Statistico di prova

Sig.

1. Discorso frontale

41 a 50 anni-51 a 60 anni

-29.378

.000

1. Discorso frontale

41 a 50 anni-31 a 40 anni

46.778

.000

3. Gioco di ruolo

31 a 40 anni-51 a 60 anni

-49.133

.000

4. Dibattito

31 a 40 anni-51 a 60 anni

-22.000

.044

6. Apprendimento basato sui progetti

31 a 40 anni-41 a 50 anni

-23.556

.014

9. Apprendimento autonomo e individuale

51 a 60 anni-31 a 40 anni

37.533

.009

OB2. Analizzare le risorse didattiche che gli insegnanti utilizzano per insegnare il patrimonio.

La Tabella 5 mostra i risultati delle analisi descrittive. Possiamo notare che il 43.1% degli insegnanti dichiara di utilizzare regolarmente il libro di testo (item 1) in un uso per l’insegnamento del patrimonio; l’11.8% molto spesso e ben il 21.6% “sempre”, indicandolo dunque come strumento esclusivo. Riguardo al secondo item, percentuali alte si riscontrano in senso positivo (34.6% regolarmente; 23.1% molto spesso); tuttavia, più del 30% dichiara di utilizzarlo poco e il 7.7% mai. Il film (item 3) viene usato regolarmente dal 57.7% degli insegnanti, mentre il 23.1% dichiara di utilizzarli poco. Anche il documentario (item 4) risulta essere uno strumento utilizzato spesso con il 39.2% che lo usa regolarmente e il 46.1% molto spesso. Basse sono invece le percentuali che si riferiscono all’uso dei videogiochi: il 53.9%, infatti, dichiara di usarli poco e ben il 30.4% “mai”. Le visite guidate (item 6) risultano essere una risorsa importante: il 54.9 % riferisce di usarle regolarmente e il 22.5% molto spesso; così anche le visite virtuali (item 7), con 42.5% che le usa regolarmente e il 27.5% molto spesso. Meno utilizzate risultano, invece, le app per cellulare (item 8), con il 39.2% che le utilizza poco e ben il 21.6% mai. Molto utilizzate sono invece le fotografie (item 9) con il 34.3% che le usa molto spesso e il 7.8% sempre. Abbastanza utilizzate sono le fonti orali (item 10), anche se il 19.6% riferisce di non usarle mai. Poco utilizzati sono invece i giochi, il 33.3% riferisce di non utilizzarli mai, il 43.1% poco e il 23.5% regolarmente. Basso è anche il livello di utilizzo del laboratorio (item 12), con ben 18.6% che dichiara di non fare mai una didattica laboratoriale per l’insegnamento del patrimonio.

Tabella 5. Percentuali de uso delle risorse didattiche per insegnare il patrimonio

Item

1*

2

3

4

5

1. Libro scolastico di storia

3.9

19.6

43.1

11.8

21.6

2. Libri specifici sul patrimonio

7.7

30.8

34.6

23.1

3.8

3. Film

3.8

23.1

57.7

11.5

3.8

4. Documentario

0

14.7

39.2

46.1

0

5. Videogiochi

30.4

53.9

11.8

3.9

0

6. Visite guidate

3.9

14.7

54.9

22.5

3.9

7. Visite virtuali o risorse multimedia

3.9

22.5

42.5

27.5

3.9

8. App didattiche su cellulare

21.6

39.2

19.6

19.6

0

9. Fotografie

3.9

7.8

46.1

34.3

7.8

10. Fonti orali

19.6

22.5

38.2

15.7

3.9

11. Giochi

33.3

43.1

23.5

0

0

12. Laboratori

18.6

38.2

35.3

7.8

0

Fonte: risultati ottenuti con SPSS v. 28. *1=mai; 2=poco; 3=regolarmente; 4=molto spesso; 5=sempre.

Nella Tabella 6 possiamo osservare i risultati relativi ai valori di moda e mediana suddivisi per genere. Questo per offrire una descrizione di eventuali differenze nel campione la cui significatività verrà testata nella successiva analisi inferenziale. L’analisi rivela una sostanziale omogeneità dei risultati nei vari items relativi alle risorse didattiche utilizzate, per l’insegnamento del patrimonio nelle classi di storia. Tuttavia, gli items 2, 3 e 4 mostrano dei valori di moda e mediana superiori nel campione maschile. Gli items 8 e 12, invece, indicano una moda inferiore per il gruppo degli uomini rispetto alle donne.

Tabella 6. Moda e Mediana per Genere

Item

Uomo

Donna

Moda

Mediana

Moda

Mediana

1. Libro scolastico

3

3

3

3

2. Libro specifico su patrimonio

4

4

3

3

3. Film

4

4

3

3

4. Documentario

4

4

3

3

5. Videogiochi

2

2

2

2

6. Visite guidate. musei. sito archeologico

3

3

3

3

7. Visite virtuali o risorse multimedia

3

3

4

4

8. App didattiche su cellulare

2

3

2

2

9. Fotografie

3

3

3

3

10. Fonti orali

3

3

3

3

11. Giochi

1

2

2

2

12. Laboratorio di storia

2

2

3

3

Tabella 7. Differenze di genere nel uso delle risorse didattiche

Item

W

Z

Sig.

1. Libro scolastico

4308.500

-.1713

.087

2. Libro specifico su patrimonio

4088.500

-3868

.000*

3. Film

724.500

-.512

.609

4. Documentario

4281.000

-2058

.040*

5. Videogiochi

4406.000

-.780

.435

6. Visite guidate. musei. sito archeologico

606.000

-1737

.082

7. Visite virtuali o risorse multimedia

4333.000

-.1475

.140

8. App didattiche su cellulare

4388.500

-.909

.363

9. Fotografie

704.000

-.698

.485

10. Interviste (fonti orali)

4308.000

-1.698

.089

11. Giochi

710.500

-.628

.530

12. Laboratorio di storia

4455.000

-.255

.799

Fonte: risultati ottenuti con il programma SPSS v. 28. *p <.05

Nella Tabella 7 osserviamo i riusltati del test U di Mann-Whitney performato al fine di rilevare significative differenze di genere nell’utilizzo delle diverse risorse didattiche. Notiamo che differenze significative si rilevano per gli items 2 e 4 che si riferiscono rispettivamente all’utilizzo del “libro specifico per il patrimonio” e “documentario”; con il gruppo degli uomini che significativamente utilizza in maniera più frequente queste risorse didattiche per l’insegnamento del patrimonio. Terminiamo riferendo circa eventuali differenze nei gruppi di età. I test H di Kruskal-Wallis e delle mediane e la successiva analisi post hoc hanno rilevato le seguenti differenze significative nei gruppi:

a) per l’item 1 il gruppo con più di 61 anni utilizza il libro scolastico in maniera significativamente (p <.05) più frequente - sia nel test H di Kruskal-Wallis χ٢(3)= 25.429. p= .000 sia nel test delle mediane χ2(3)= 30.233. p= .000 – rispetto al gruppo di docenti di 31-40 anni.

b) per l’item 5 il gruppo di 31-40 anni utilizza i videogiochi in maniera significativamente più frequente -nel test H di Kruskal-Wallis χ2(3)= 13.556. p= .004 – rispetto al gruppo con più di 61.

c) per l’item 6 il gruppo 31-40 anni utilizza la risorsa “visite virtuali o risorse multimediale” in maniera significativamente (p <.05) più frequente - sia nel test H di Kruskal-Wallis χ2(3)= 24.187. p= 0.000 - sia nel test delle mediane χ2(3)= 25.028. p= .000 – rispetto al gruppo di docenti con più di 61 anni.

d) per l’item 9 il gruppo 31-40 anni utilizza le fotografie in maniera significativamente (p <.05) più frequente - sia nel test H di Kruskal-Wallis χ2(3)= 40.331. p= 0.000 sia nel test delle mediane χ2(3)= 31.814. p= .000 – rispetto al gruppo di docenti con più di 61 anni.

e) per l’item 10 il gruppo 31-40 anni utilizza le fonti orali in maniera significativamente (p <.05) più frequente - sia nel test H di Kruskal-Wallis χ2(3)= 9.515. p= .023 - sia nel test delle mediane χ2(3)= 21.550. p= .000 – rispetto al gruppo di docenti 41-50 anni.

4. Discussione

L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di analizzare la metodologia (strategie e risorse) utilizzata dagli insegnanti della scuola secondaria di Agrigento per insegnare il patrimonio culturale. In sintesi, si può dire che predomina ancora un tipo di insegnamento tradizionale, poiché tra le strategie e le risorse didattiche più utilizzate ci sono la lezione e il libro di testo. Come ipotesi specifiche, sono state valutate differenze statisticamente significative in base al sesso e all’età dei partecipanti allo studio.

I risultati ci permettono di riflettere e argomentare attraverso opportuni riferimenti ai ritrovamenti e alle evidenze già rilevate in letteratura. In prima istanza, ci sembra indispensabile rilevare che anche per ciò che concerne l’insegnamento del patrimonio la tradizionale forma di appoccio alla didattica fa da padrona nella pratica dei docenti. Il dato che fa spicca di più infatti è che più del 21% dei docenti intervistati fa uso esclusivo del libro di testo per l’insegnamento del patrimonio. La modalità più evidente è quella di tipo tradizionale attraverso il libro di testo associato a strumenti tecnologici tradizionali quali il documentario e i films.

Questo denota, innanzitutto, che il patrimonio viene insegnato non attraverso una progettazione ed una pianificazione in cui si parte dall’oggetto specifico del patrimonio – quale potrebbe essere, nel caso di Agrigento, un tempio della Valle – ma, essendo il libro di testo lo strumento unico, non può che essere proprio il libro a determinare l’elemento del patrimonio che deve essere insegnato. Sembra quindi opportuno ipotizzare che l’insegnamento del patrimonio debba essere programmato attraverso specifici piani progettuali integrati alla didattica del curriculo di storia. Castro et al. (2020) mostrano un esempio di didattica del patrimonio realizzata attraverso un progetto specifico implementato in Galicia (Spagna) e denominato Patrimonializate.

Occorre subito precisare che l’assunto di base è che elemento essenziale per la realizzazione di un progetto efficace ed effettivo di educazione al patrimonio viene indicato, come la necessaria connessione con metodologie didattiche che prevedano un utilizzo massivo delle tecnologie. Abbiamo, in questo senso, rilevato che questa tendenza è spiccata nelle istituzioni scolastiche spagnole (Gómez et al., 2020). E il risultato che ci preme sottolineare in relazione a questo studio è proprio l’effetto positivo - in senso di motivazione - che genera l’associazione di didattica del patrimonio e didattica innovativa in cui le TIC sono essenziali. Gli studenti coinvolti nel progetto mostrano un protagonismo nell’apprendimento proprio grazie alla tecnologia con la quale hanno naturale familiarità.

Questo si mostra anche nella disseminazione dei risultati del progetto portata avanti dagli alunni stessi grazie ai comuni strumenti virtuali. Dai questi risultati non si evince una mancanza di utilizzo da parte dei docenti delle risorse multimediali in generale, ma la non utilizzazione massiva dell’m-learning attraverso applicazioni sullo smartphone. Non occorre supportare con evidenze scientifiche il fatto che i giovani hanno come primo ed indispensabile compagno di vita il proprio cellulare. Pertanto, qualsiasi progetto non può prescindere dall’uso di questa risorsa.

E’ evidente quindi che andare a ricercare più in profondità le ragioni per le quali la didattica della storia con il patrimonio non viene realizzata attraverso un approccio e con l’utilizzo di risorse TIC, risulta particolarmente istruttivo. In questo senso, questo studio si è prefissato una prima essenziale indagine su eventuali motivazioni legate al genere o all’età dei partecipanti. Possiamo dire che esistono differenze significative in base al sesso e all’età, anche se queste differenze si verificano in relazione a risorse e strategie didattiche specifiche. In generale, i risultati di questa ricerca indicano che gli uomini fanno un uso più frequente di risorse classiche come libri di testo, documentari e film.

Tutto ciò a discapito quindi della creatività e dell’audacia nella progettazione di percorsi che presuppongono l’impiego di strumenti più “rischiosi”, come le app nello smartphone. Se quindi tra gli uomini prevale significativamente una necessità di autorità degli strumenti, le donne, si mostrano propense in maniera significativamente più evidente all’utilizzazione di strategie e risorse più innovative come l’apprendimento basato su progetti e il gioco di ruolo e, di conseguenza, fanno un uso più frequente di laboratori, visite virtuali e risorse virtuali. Anche riguardo all’età si può affermare che esiste una maggiore propensione dei gruppi più giovani (31-40 anni) nell’utilizzo di risorse che permettano una didattica più efficace e attive, soprattutto per ciò che concerne la tecnologia.

Tutto ciò, coincide con quanto è rilevato da Guerrero et al. (2021), che hanno sottolineato come la discriminante di genere e di età nella innovazione della didattica del patrimonio sia significativa, con le donne e i giovani insegnanti spagnoli significativamente più propensi ad una didattica innovativa; in tal senso, confermando evidenze precedenti di altri studi simili (Moya et al., 2011; Roblizo & Cózar. 2015; Cabero et al., 2016; Torres, 2017; Martín, 2020).

5. Conclusioni

Questa ricerca ha dimostrato che, pur non discostandosi da un comune trend di insegnamento abbastanza tradizionale del patrimonio nelle classi di storia tale insegnamento si mostra prevalente in maniera evidente nel contesto del Sud Italia, nella quale abbiamo condotto la ricerca. Ciò significa, ovviamente, che poiché non necessariamente in un manuale di storia si possa trovare una approfondita sezione del patrimonio siciliano. Inevitabilmente l’attenzione che questa percentuale di docenti riserva al patrimonio regionale risulta scarsa. Questi risultati apportano un contributo ad una questione più ampia, che riguarda il confronto tra insegnamento della storia tradizionale in cui le narrative nazionali prevalgono, e un insegnamento della storia ispirato dall’historical thinking. In tal senso, la ricerca sui libri di testo storici ha rilevato una serie di indicazioni, alcune delle quali ci sembra opportuno argomentare in relazione ai risultati. Grever & Van der Vlies (2017) hanno notano le differenze tra i libri di testo storici di Francia ed Inghilterra. In particolare, i libri di testo francesi rendeno significativa l’integrazione europea in riferimento a una memoria collettiva condivisa del dopoguerra, riferendosi anche a un’idea antica di Europa, mentre i libri di testo inglesi la mettono in relazione con la politica interna. Inoltre, Sakki (2016) mostra anche un passaggio dalle narrazioni nazionali allo studio di narrazioni post-nazionali.

Questo costrutto teorico non significa la fine delle narrazioni nazionali; piuttosto, pone la singola nazione all’interno di confini diversi e mutevoli e sostiene che le relazioni tra le persone e le condizioni di appartenenza non possono essere comprese senza riferimento cambiamenti geopolitici più ampi. La prima evidenza circa le differenze tra i libri di testo francesi ed inglesi, in cui la politica interna inglese risulta più spiccata rispetto a quella francese in funzione di integrazione europea, viene confermata dal fatto secco e spietato che, la Gran Bretagna poco tempo dopo la pubblicazione dell’articolo di Sakki (2016), lascerà l’Unione Europea con la famosa Brexit.

In seconda istanza, l’altra importante indicazione riguarda il fatto che la narrazione identitaria e patriottica del libro di testo non viene superata dai libri di testo dell’Europa unita, ma semplicemente la narrativa nazionale viene allargata ad una prospettiva europea. Ciò nel dibattito circa la necessaria rivoluzione da attuare nell’insegnamento della storia. Ci dice che ancora persiste nell’insegnamento della storia una resistenza contro la innovazione portata avanti dall’historical thinking. I risultati di questo studio dimostrano che anche l’insegnamento del patrimonio potrebbe non sfuggire a questa logica, rovesciata in senso localistico al rafforzamento dunque dell’identità regionale o cittadina.

Possiamo quindi affermare che lo studio conferma una generale tendenza al mantenimento di una porzione consistente di didattica tradizionale nell’insegnamento della storia (Repoussi, 2009). Le risorse che gli insegnanti utilizzano meno per l’insegnamento del patrimonio sono i videogiochi e le applicazioni per telefoni cellulari e tablet. Questi dati ci fa riflettere sul fatto che, nonostante alcuni studi affermino i benefici di introdurre innovazioni, l´uso delle delle tecnologie nell’insegnamento delle scienze sociali, l’utilizzo è ridotto come in altri paesi come la Spagna (López et al., 2015; Colomer & Sáiz, 2019; Colomer et al., 2018). Una delle ragioni potrebbe essere l’insufficiente preparazione degli insegnanti in materia di competenze digitali orientate all’insegnamento della storia (Colomer et al., 2018; Miguel et al., 2020).

Non possiamo che essere d’accordo nel sottolineare con forza come lo studio del patrimonio e l’educazione costruttivista vadano di pari passo, a vantaggio delle capacità di riflessione storica degli studenti. È quindi importante che strategie come l’apprendimento basato su progetti, i giochi di ruolo e i dibattiti siano utilizzati frequentemente dagli insegnanti, anche in giovane età. Anche se questi cambiamenti sono ancora insufficienti per porre fine alla preminenza della metodologia tradizionale in classe. In questo senso, la ricerca ha dimostrato che queste strategie di insegnamento attivo sono presenti anche nell’educazione al patrimonio culturale.

Negli ultimi anni si stanno spendendo opinioni molto positive verso queste strategie più attive, che risulta essere anche molto apprezzata dai discenti, poiché assegna loro un significativo ruolo agentico nella costruzione dell’apprendimento (Prats, 2016; Mira & Sáiz, 2020). Felices et al. (2020), in uno studio condotto su insegnanti in formazione, hanno riscontrato risultati simili e hanno sottolineato che i futuri insegnanti ritengono che ci sia una lacuna nella loro formazione iniziale, che dovrebbe essere affrontata. Anche Molina & Muñoz (2016) hanno sottolineato come possibili cause, il fatto che gli insegnanti percepiscano il lavoro con il patrimonio come un elemento extracurriculare, la densità della materia e la mancanza di tempo per progettare e sviluppare risorse e attività, così come la mancanza di una formazione specifica, sia iniziale che continua (Castro & López, 2019). È quindi essenziale rafforzare l’apprendimento di metodologie didattiche attive legate all’insegnamento del patrimonio e della storia, che incoraggino gli studenti ad acquisire non solo conoscenze sul patrimonio, ma anche competenze e abilità di pensiero critico (Bartie et al., 2018; Miralles et al., 2017).

Bibliografia

ANTONACI, Alessandra; OTT, Michaela & POZZI, Francesca (2013): “Virtual museums. cultural heritage education and 21st century skills”. Learning & Teaching with Media & Technology, 185, 1-14.

BARNES, Nicole; FIVES, Helenrose & DACEY, Charity (2017): “U.S. teachers’ conceptions of the purposes of assessment”. Teaching and Teacher Education, 65, pp. 107-116. https://doi.org/10.1016/j.tate.2017.02.017

BARTIE, Angela; FLEMING, Linda; FREEMAN, Mark & HULME, Tom; HUTTON, Alexander & READMAN, Paul (2018): “‘History taught in the pageant way’: education and historical performance in twentieth-century Britain”. History Education, 48, pp. 1-24. https://doi.org/10.1080/ 0046760X.2018.1516811

BORGHI, B. (2019): “La città come ambiente di apprendimento. Le esperienze del Centro internazionale di Didattica della Storia e del Patrimonio”, in V. Gherardi (ed.), Didattica e ricerca. La didattica nella ricerca e la ricerca nella didattica. Roma, Aracne Editrice, pp.171-198.

BRUNELLI, Marta (2013): “Archeologi educatori. Attuali tendenze per un’archeologia educativa in Italia. Tra heritage education e public archaeology/Archaeologists-educators. Contemporary trends for an educational archaeology in Italy. Between heritage education and public archaeology”. Il Capitale Culturale. Studies on the Value of Cultural Heritage, 7, pp. 11-32.

CABERO, Julio; BARROSO, Julio; LLORENTE, María del Carmen & YANES, Cristina (2016): “Redes sociales y Tecnologías de la Información y la Comunicación en Educación: aprendizaje colaborativo, diferencias de género, edad y preferencias”. Red. Revista de Educación a Distancia, 51, pp. 1-23. https://doi.org/10.6018/red/51/1

CASTRO, Leticia & LÓPEZ FACAL, Ramón (2019): “Educación patrimonial: necesidades sentidas por el profesorado de infantil, primaria y secundaria”. Revista Interuniversitaria de Formación del Profesorado, 94 (33), pp. 97-114.

CASTRO CALVIÑO, Leticia; RODRÍGUEZ MEDINA, Jairo; GÓMEZ CARRASCO, Cosme Jesús & LÓPEZ FACAL, Ramón (2020): “Patrimonializarte: a heritage education program based on new technologies and local heritage”. Education Sciences, ١٠ (7), 176. http://hdl.handle.net/10347/23224

COCHRAN SMITH, Marilyn & ZEICHNER, Kenneth M. (2005): Studying teacher education: the report of the AERA panel on research and teacher education. Routledge, New York.

COLLINGWOOD’S, Robin George (1946): The idea of history. Oxford University Press, New York.

COLOMER, Juan Carlos; SÁIZ, Jorge, Bel, Juan Carlos (2018): “Competencia digital en futuros docentes de Ciencias Sociales en Educación Primaria: análisis desde el modelo TPACK”. Educación Siglo XXI, 36, pp. 107-128. https://doi.org/10.6018/j/324191

COLOMER, Juan Carlos, & SÁIZ, Jorge (2019): “Problemas para integrar la tecnología digital en la enseñanza de las Ciencias Sociales: un estudio de caso”, in J. M. Dias (eds.), Enseñar y aprender didáctica de las Ciencias Sociales: La formación del profesorado desde una perspectiva sociocrítica. Lisboa, Escola Superior de Educação, pp. 319-326.

DARLING HAMMOND, Linda and BRANSFORD, John (2005): Preparing teachers for a changing world: what teachers should learn and be able to do. Jossey-Bass, San Francisco.

DE TROYER, Veerle (ed.) (2005): HEREDUC– Patrimonio culturale in classe: manuale pratico per gli insegnanti. Apeldoorn, Garant Uitgevers.

DI BLAS, Nicoletta & POGGI, Caterina (2006). “3D for Cultural heritage and education: evaluating the impact”, in D. Bearman & J. Trant (eds.), Museums and the Web. Archives and Museums Informatics, pp. ١٤١-١٥٠.

DONDARINI, R. (2008): “Un Patrimonio per il Patrimonio”, in B. Borghi, Un Patrimonio di esperienze sulla Didattica del Patrimonio. Bologna, Patron, pp. 9-12.

FELICES DE LA FUENTE, María del Mar; CHAPARRO SAINZ, Álvaro & RODRÍGUEZ PÉREZ, Raimundo Antonio (2020): “Percepciones sobre la utilización del patrimonio para la enseñanza de la historia. Un estudio con profesores de Educación Secundaria en formación”. Humanities and Social Sciences Communications, 7 (123), pp. 1-10. https://doi.org/10.1057/s41599-020-00619-3

FREDERICK, Peter J. (1993): “Motivating students by active learning in the history classroom”. Perspectives, ٣٧ (٧), pp. ١٥-١٩.

GÓMEZ, Cosme Jesús & MIRALLES, Pedro (2016): “Développement et évaluation des compétences historiques dans les manuales scolaires. Une étude comparative France-Spagne”. Spirale, 68, pp. 55-66. https://doi.org/10.3917/spir.058.0053.

GÓMEZ CARRASCO, Cosme Jesús; MIRALLES MARTINEZ, Pedro; FONTAL, Olaia & IBAÑEZ ETXEBERRIA, Alex (2020): “Cultural Heritage and Methodological Approaches—An Analysis through Initial Training of History Teachers (Spain–England)”. Sustainability, 12 (3), p. 933. https://doi.org/10.3390/su12030933

GREVER, Maria & VAN DER VLIES, Tina (2017): “Why national narratives are perpetuated: A literature review on new insights from history textbook research”. London Review of Education, 15 (2), pp. 286-301. http://doi.org/ :10.18546/LRE.15.2.11

GUERRERO ROMERA, Catalina; SÁNCHEZ IBÁÑEZ, Raquel; ESCRIBANO MIRALLES, Ainoa & VIVAS MORENO, Verónica (2021): “Active teachers’ perceptions on the most suitable resources for teaching history”. Humanities and Social Sciences Communications, ٨ (١), ١-٨.

HERRING, Mary C.; KOEHLER, Matthew J. & MISHRA, Punya (eds.) (2016): Handbook of technological pedagogical content knowledge (TPACK) for educators. Routledge, New York.

KOEHLER, Matthew J.; MISHRA Punya & CAIN, William (2013): “What is Technological Pedagogical Content Knowledge (TPACK)?”. Journal of Education, 193 (3), pp. 13-193. https://doi.org/10.1177/002205741319300303

KOH, Joyce H. L. & CHAI, Ching S. (2014): “Teacher clusters and their perceptions of Technological Pedagogical Content Knowledge (TPACK). Development throught ICT lesson design”. Computers and Education, 70, pp. 222-232. https://doi.org/10.1016/j.compedu.2013.08.017

IBAÑEZ ETXEBERRIA, Alex; VICENT, Naiara; ASENSIO, Mikel; CUENCA, José María & FONTAL, Olaia (2014): “Learning in archaeological sites with mobile devices”, Munibe, 65, pp. 313-321.

LEE, Peter (2005): “Putting Principles into Practice: Understanding History”, en M. S. Donovan & J. D. Bransford (eds.), How students learn: History in the classroom. Washington, DC, National Academies Press, pp. 29-78.

LEE, Peter; DICKINSON, Alaric & ASHBY, Rosalyn (2004): “Las ideas de los niños sobre la historia”, in M. Carretero & J. F. Voss (eds.), Aprender y pensar la historia. Buenos Aires, Amorrortu, pp. 217-248.

LÉVESQUE, S. (2008): Thinking Historically. Educating Students for the 21th Century. Toronto, University of Toronto Press.

LÓPEZ-BENITO, María Victoria; MARTÍNEZ, Tania; GREVTSOVA, Irina (2015): “El m-learning en la didáctica del patrimonio: ¿Tendencias del nuevo milenio?” Iber, 80, pp. 38-47.

LÓPEZ FACAL, Ramón & VALLS, Rafael (2012): “La necesidad cívica de saber historia y geografía”, in N. de Alba, F. F. García & A. S. Fernández (eds.), Educar para la participación ciudadana en la enseñanza de las Ciencias Sociales. Sevilla, Díada Editora, pp. 185-192.

MARTÍN, Ana María (2020): “La brecha digital generacional”. Temas Laborales, 151, pp. 77-93.

MARTÍN, Myriam J. & CUENCA, José María (2011): “Heritage Education and Learning in Museums: The Managers’ Perspective”. Psychodidactics, 16, pp. 99-122.

MIGUEL, Diego; MARTÍNEZ, José María & SÁNCHEZ, María (2020): “Assessing the digital competence of educators in social studies: an analysis in initial teacher training using the TPACK-21 model”. Australasian Journal of Educational Technology, 36 (2), pp. 1-12. https://doi.org/10.14742/ajet.5281

MINGOZZI, E. (2019): “Apri una finestra su Bologna: una esperienza didattica alla scoperta del nostro patrimonio per la costruzione di una cittadinanza attiva”. Didattica Della Storia–Journal of Research and Didactics of History, 1 (1), pp. 132-147. https://doi.org/10.6092/issn.2704-8217/10084

MIRA, Arnaldo & SÁIZ, Jorge (2020): “El docente investigador en las aulas de la enseñanza básica. El modelo Gea-Clío”. Íber, 100, pp. 47-52.

MIRALLES Pedro; GÓMEZ, Cosme J. & MONTEAGUDO, José (2019): “Perceptions on the use of ICT resources and mass-media for the teaching of History. A comparative study among future teachers of Spain–England”. Educación XX1, 22 (2), pp. 187-211. https://doi. org/10.5944/educXX1.21377

MIRALLES, Pedro; GÓMEZ, Cosme Jesús; RODRÍGUEZ, Raimundo Antonio (2017): “Patrimonio, competencias históricas y metodologías activas de aprendizaje. Un análisis de las opiniones de los docentes en formación en España e Inglaterra”. Estudios Pedagógicos, 4, pp. 161-184. https://doi.org/10.4067/S0718-07052017000400009

MISHRA, Punya & KOEHLER, Matthew J. (2006): “Technological pedagogical content knowledge: a framework for teacher knowledge”. Teachers College Record, 108 (6), pp. 1017-1054. https://doi.org/10.1111/j.1467-9620.2006.00684.x

MOLINA, Sebastián & MUÑOZ, Rafael E. (2016): “La opinión del profesorado de Educación Secundaria sobre el papel del patrimonio en la enseñanza formal de las ciencias sociales: un estudio de caso”. Revista Complutense de Educación, 27 (2), pp. 863-880. https://doi.org/ 10.5209/rev_RCED.2016.v27.n2.48411

MORENO, Juan R.; PONSODA, Santiago & BLANES, Rubén (2021): “By Toutatis! Trainee Teachers motivation when using comics to learn history”. Frontiers in Psychology, 1. https://doi.org/10.3389/fpsyg.2021.778792

MORENO, Juan R.; PONSODA, Santiago; LÓPEZ, José A. & BLANES, Rubén (2020): “Holistic or Traditional Conceptions of Heritage among Early-Childhood and Primary Trainee Teachers”. Sustainability, 12 (21), 8921. http://doi.org/10.3390/su12218921

MOYA, María del Valle; HERNÁNDEZ, Juan Rafael; HERNÁNDEZ, José Antonio & CÓZAR, Ramón (2011): “Análisis de los estilos de aprendizaje y las TIC en la formación personal del alumnado universitario a través del cuestionario”. Revista de Investigación Educativa, 29 (1), 137-156.

MUSCI, Elena (2013): Scoprire e giocare a Castel del Monte. Bari, Adda Editore.

MUSCI, Elena (2015): “Patrimonio e didattica, fra teorie e pratiche di cittadinanza”, Scuola Italiana Moderna, 5 (122), pp. 85-86.

OLOFSON, Mark W.; SWALLOW, Meredith J. C. & NEUMANN, Maureen D. (2016): TPACKing: a constructivist framing of TPACK to analyze teachers’ construction of knowledge”. Computers and Education, 95, pp. 188-201. https://doi.org/10.1016/j.compedu.2015.12.010

PRATS, Enric (2016): “La formación inicial docente entre profesionalismo y vías alternativas: mirada internacional”. Bordón, 68, pp. 9-33. https://doi.org/10.13042/ Bordon.2016.68202

PRATS, Joaquín & VALLS, Rafael (2013): “La Didáctica de la Historia en España: estado reciente de la cuestión”. Didáctica de las ciencias experimentales y sociales, 25, pp. 17-35.

ROBLIZO, Manuel J. & CÓZAR, Ramón (2015). “Usos y competencias en TIC en los futuros maestros de Educación Infantil y Primaria: hacia una alfabetización tecnológica real para docentes”. Píxel-Bit, 47, pp. 23-39. https://doi.org/10.12795/pixelbit.2015.i47.02

REPOUSSI, Maria (2009): “Common trends in contemporary debates on history education”, in S. Popp (ed.), Yearbook of International Society for History Didactics 2008/2009, p. 75-81.

SÁIZ, Jorge & LÓPEZ FACAL, Ramón (٢٠١٥): “Competencias y narrativas históricas: el pensamiento histórico de estudiantes y futuros profesores españoles de educación secundaria”. Revista de Estudios Sociales, 52, pp. 87-101. https://doi.org/10.7440/res52.2015.06

SAKKI, Inari. (2016): ‘Raising European citizens: Constructing European identities in French and English textbooks’. Journal of Social and Political Psychology, 4 (1), pp. 444-72.

SÁNCHEZ IBÁÑEZ, Raquel; GUERRERO ROMERA, Catalina & MIRALLES MARTÍNEZ, Pedro (2021): “Primary and secondary school teachers’ perceptions of their social science training needs”. Humanities and Social Sciences Communications, ٨ (1), pp. 1-11. https://doi.org/10.13042/ Bordon.2016.68202

SCOTT, Joan Wallach (1989): “History in crisis: The others’ side of the story”. The American Historical Review, 94 (3), pp. 680-692.

SEIXAS, Peter & MORTON, Tom (2013): The Big six historical concepts. Toronto, Nelson College Indigenous.

TORRES, Cristóbal (2017): “Sociedad de la información y brecha digital en España”. Panorama Social, 25, pp. 17-33.

VICENT, Naiara; IBAÑEZ-ETXEBERRIA, Alex & ASENSIO, Mikel (2015): “Evaluation of heritage education technology-based programs”. Virtual Archaeological Review, 13, pp. 18-25.


1 Questo lavoro è il risultato della tesi di dottorato di Alfonso Cimino “Agrigento: città che educa. Educazione al patrimonio nelle Scuole Primarie” diretto da Pedro Miralles Martínez e Raquel Sánchez Ibáñez, difeso il 3 marzo 2023 presso Universidad de Murcia.

AREAS Revista Internacional de Ciencias Sociales, 45/2023 “La enseñanza y el aprendizaje de las ciencias sociales en tiempos de incertidumbre”, pp. 173-186.

DOI: hhttps://doi.org/10.6018/areas.528651.